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Recupero crediti aziendale - copertina iniziale

5 passaggi fondamentali per recuperare crediti aziendali

Il recupero crediti aziendale è la soluzione più efficace per risolvere le crisi finanziarie causate dal mancato pagamento dei clienti.

Tuttavia molte imprese non posseggono le competenze necessarie per programmare una strategia di incasso e prevenire il rischio di insolvenza.

In questa guida ti suggerirò come incassare i crediti insoluti senza compromettere i rapporti con i tuoi clienti.

Ecco i 5 passaggi fondamentali per gestire il recupero crediti aziendale in modo efficace:

  1. Verifica degli importi non pagati: Controlla fatture, scadenze e documentazione per confermare l’esistenza del credito.
  2. Invio del primo sollecito: Comunica in modo chiaro e rispettoso i dettagli del pagamento dovuto.
  3. Diffida formale e piano di rientro: Se necessario, invia una diffida e proponi un piano di pagamento rateale.
  4. Procedura legale: Valuta azioni legali come il decreto ingiuntivo in caso di mancata risposta.
  5. Monitoraggio costante: Tieni traccia di ogni pagamento e comunicazione per mantenere il controllo della situazione.

Tabella riassuntiva

Passaggio Azione principale Strumento consigliato
Verifica importi Controllo documenti e storico Registro dettagliato
Primo sollecito Invio comunicazione cordiale PEC o raccomandata
Diffida e piano di rientro Proposta di rateizzazione Lettera formale
Procedura legale Ricorso al decreto ingiuntivo Consulenza legale
Monitoraggio Aggiornamento continuo della pratica Software di gestione crediti

Seguendo questi passaggi, puoi recuperare i tuoi crediti nel rispetto della normativa vigente, mantenendo al contempo rapporti professionali con i tuoi clienti.


Fondamenti del recupero crediti aziendale in Italia

Cosa significa credito insoluto

In Italia, i crediti insoluti derivano da fatture non saldate, contratti non rispettati e transazioni interrotte.

Anche senza documentazione scritta, un credito può comunque esistere, sebbene ciò renda più difficile il recupero.

Le principali fonti di crediti insoluti sono:

  • Transazioni commerciali tra aziende (B2B): Fornitura di beni o servizi tra imprese;
  • Vendite al dettaglio: inclusi gli acquisti tramite e-commerce;
  • Servizi professionali: come consulenze o svolgimento di progetti specifici;
  • Contratti di locazione commerciale: Affitti non pagati.

Normativa applicabile

Nel nostro paese il recupero crediti aziendale è disciplinato principalmente dal Codice Civile, che regola obbligazioni e contratti.

Alcuni articoli chiave includono:

  • Articolo 1218 c.c.: Stabilisce la responsabilità del debitore in caso di inadempimento;
  • Articoli 2934 c.c. e seguenti: Definiscono i termini di prescrizione;
  • Articoli 1260 c.c. e seguenti: Regolano la cessione del credito.
Aspetto Normativo Riferimento Legale Applicazione Pratica
Inadempimento Art. 1218 c.c. Definisce la responsabilità del debitore
Prescrizione Art. 2934 c.c. Ogni diritto si estingue per prescrizione
Mora del debitore Art. 1219 c.c. Il debitore è costituito in mora con intimazione

Comunicazione aziendale efficace

Per gestire il recupero crediti aziendale in modo efficace, è necessario seguire alcune buone abitudini.

Vediamo quali sono.

Gestione della documentazione e comunicazioni:

  • Conservare sempre fatture, contratti e documenti fiscali aggiornati;
  • Usare la PEC per inviare comunicazioni ufficiali;
  • Custodire su supporto durevole ogni interazione con il debitore;
  • Tenere traccia di prove di consegna e accettazione dei servizi;
  • Adottare un tono professionale ma deciso;
  • Rispettare le norme del GDPR sulla protezione dei dati.

Questi elementi rappresentano la base per affrontare con successo una crisi finanziaria.


Recupero crediti aziendale: 5 passaggi fondamentali

Seguendo i principi di conformità normativa, protezione della reputazione ed efficienza, ecco i passaggi chiave per un recupero crediti aziendale efficace.

Passo 1: Controllo degli importi non pagati

Prima di procedere, verifica con attenzione:

  • La correttezza degli importi indicati nelle fatture;
  • Le date di scadenza dei pagamenti;
  • I dati anagrafici e fiscali del debitore;
  • La documentazione che dimostra il diritto di credito;
  • Lo storico delle comunicazioni scambiate con la controparte.

Ti consiglio di creare un registro dettagliato di tutte le informazioni raccolte sul debitore, annotando date e risultati.

Una volta completato il controllo, puoi procedere con il primo sollecito.

Passo 2: Invio del primo sollecito di pagamento

Il primo contatto deve essere deciso ma rispettoso.

Assicurati di includere:

  • L’intestazione completa dell’azienda creditrice;
  • Il contratto da cui scaturisce il diritto di credito;
  • Il numero e la data della fattura insoluta;
  • L’importo dovuto;
  • Le modalità di pagamento disponibili;
  • Il termine entro cui saldare.

Adotta un tono cordiale e comprensivo, considerando eventuali motivazioni plausibili per il ritardo.

Passo 3: Diffida formale e proposta di piano di rientro

Se il primo sollecito non produce risultati:

  • Invia una diffida formale tramite PEC o raccomandata A/R;
  • Proponi un piano di rientro dettagliato;
  • Specifica gli interessi di mora applicabili;
  • Fissa un termine perentorio per ricevere una risposta.
Elemento della Diffida Dettagli da Includere
Dettagli del credito Fattura, importo, data di scadenza
Interessi di mora Tasso legale o contrattuale
Modalità di risposta PEC o raccomandata A/R
Scadenza 8 giorni lavorativi

Se non ricevi risposta, sarà necessario valutare un’azione legale.

Passo 4: Procedura legale

Quando i tentativi precedenti falliscono, valuta le seguenti opzioni:

Assicurati di raccogliere in anticipo tutta la documentazione utile per sostenere la tua posizione.

Passo 5: Monitoraggio costante

Durante l’intero processo, tieni traccia di ogni sviluppo:

  • Registra i pagamenti ricevuti;
  • Controlla il rispetto delle scadenze concordate;
  • Documenta ogni comunicazione;
  • Aggiorna regolarmente lo stato della pratica.

Mantieni un atteggiamento professionale in ogni fase per gestire il recupero in modo efficace e trasparente.


Risorse per il recupero crediti aziendale

Per affrontare il recupero crediti aziendale in modo efficace, è importante avere a disposizione strumenti professionali che possano supportare ogni fase del processo.

Queste risorse offrono un aiuto concreto e formativo per gestire al meglio ogni passaggio.

Recupero crediti aziendale - risorse e materiali formativi

Recupero crediti aziendale: servizi di consulenza legale

Una consulenza legale mirata è fondamentale per gestire situazioni complesse nel recupero crediti aziendale.

Il nostro studio legale mette a disposizione l’esperienza di avvocati esperti, iscritti all’albo, e offre consulenze personalizzate per guidarti in ogni fase del percorso.

Risorse gratuite

Recupero Legale fornisce utili strumenti pratici, tra cui:

Materiali formativi online

Per rimanere sempre aggiornati, il canale YouTube di Recupero Legale offre contenuti formativi gratuiti, tra cui:

  • Video tutorial su come gestire il recupero crediti aziendale;
  • Commenti su aggiornamenti normativi;
  • Casi studio e suggerimenti pratici.

Inoltre, puoi iscriverti alla newsletter gratuita per ricevere aggiornamenti sulle normative oltre a consigli pratici direttamente nella tua casella di posta.


Attività stragiudiziale vs. azione legale

Capire le differenze tra attività stragiudiziale e azione legale è fondamentale per il recupero crediti aziendale.

L’attività stragiudiziale si basa sulla negoziazione immediata, favorendo il mantenimento dei rapporti commerciali.

Questa soluzione è particolarmente utile per gestire difficoltà temporanee.

Al contrario, il percorso legale entra in gioco quando le trattative dirette con la controparte non producono risultati.

Ecco un confronto dettagliato tra i due metodi.

Tabella di confronto

Strategia Attività Stragiudiziale Procedimento Legale
Tempi medi 30-60 giorni 6-18 mesi
Costi indicativi €0-200 Compensi legali, spese di giustizia
Relazioni commerciali Preservate Rischio di compromissione
Documentazione necessaria Minima Completa e dettagliata
Probabilità di successo Alta per crediti recenti Alta per crediti documentati
Flessibilità del pagamento Elevata Limitata
Necessità di assistenza legale Suggerita Obbligatoria
Stress organizzativo Basso Medio-alto

I due metodi possono essere combinati, iniziando con l’attività stragiudiziale e ricorrendo all’azione legale solo se necessario.

Analizzare con attenzione questi fattori ti aiuterà a scegliere la strategia più efficace.

Come scegliere il metodo giusto

La scelta del metodo dipende da diversi elementi, tra cui:

  • Importo del credito: Crediti di importo elevato potrebbero giustificare un’azione legale.
  • Anzianità del credito: Crediti più recenti sono spesso più facili da recuperare con l’attività stragiudiziale.
  • Storia del debitore: Un debitore con precedenti di insolvenza potrebbe richiedere un approccio più formale.
  • Velocità del recupero: L’attività stragiudiziale potrebbe essere la soluzione più rapida.

Consigli per un recupero efficace

Per ottenere risultati migliori:

  • Mantieni un dialogo aperto e orientato alla soluzione.
  • Stabilisci scadenze precise e realistiche.
  • Valuta attentamente i costi e i benefici di ogni azione intrapresa.

Anche nella fase di attività stragiudiziale, il supporto di un esperto legale è necessario per definire una strategia di recupero efficace e ben strutturata.

Una gestione professionale del recupero crediti aziendale è essenziale per minimizzare i rischi e ridurre il rischio di contestazioni.


Recupero crediti aziendale: prossimi passi

Dopo aver esaminato i metodi di recupero, è il momento di organizzare un piano d’azione ben definito.

Piano d’azione immediato

Fase Azione Tempistica Stimata
Valutazione Esamina documentazione e importo 1–2 giorni
Consultazione Richiedi un parere legale preliminare 3–5 giorni
Strategia Decidi la strategia (stragiudiziale o legale) 1–2 giorni
Esecuzione Inizia la procedura di recupero Entro 7 giorni

Ecco alcuni passaggi utili per avviare subito il recupero del credito.

  • Raccogli tutta la documentazione necessaria: fatture, contratti, comunicazioni e prove di consegna.
  • Dai priorità ai crediti: valuta quali recuperare prima in base alla situazione finanziaria.
  • Stabilisci un budget: pianifica le risorse da destinare alle azioni di recupero.

Quando rivolgersi a un professionista

Considera una consulenza professionale nei seguenti casi:

  • l’importo del credito è elevato;
  • il debitore ha ignorato più solleciti;
  • la controversia richiede un’analisi più complessa e personalizzata.

Agire rapidamente e mantenere una comunicazione trasparente può fare la differenza nel recupero del credito.

Tieni traccia di ogni contatto con il debitore per documentare il processo in modo completo.


FAQ – Domande frequenti

Quali rischi legali può affrontare un’azienda che non riesce a recuperare i crediti insoluti?

Quando un’azienda non riesce a recuperare i crediti insoluti, può trovarsi ad affrontare diverse conseguenze legali.

Tra i principali rischi ci sono perdite finanziarie significative, difficoltà nel mantenere la liquidità aziendale e possibili dispute legali con i debitori.

Inoltre, la mancata gestione di questi crediti potrebbe influire negativamente sulla reputazione dell’azienda e compromettere i rapporti commerciali.

Per evitare queste situazioni, è fondamentale adottare strategie efficaci di recupero crediti aziendale, come l’uso di strumenti legali adeguati, la negoziazione diretta con i debitori e il rispetto delle normative vigenti in Italia.

Una relazione professionale con il debitore può aiutare a ridurre i rischi e garantire il recupero delle somme dovute.

Come posso recuperare i crediti aziendali senza compromettere i rapporti con i clienti?

Per recuperare i crediti aziendali mantenendo buoni rapporti con i clienti, è essenziale adottare un approccio professionale e rispettoso.

Comunica con tempestività, utilizzando un tono cordiale e collaborativo, evitando atteggiamenti aggressivi o minacciosi.

Concentrati sulla ricerca di soluzioni condivise, dimostrando disponibilità ad ascoltare le esigenze del cliente.

Inoltre, documenta sempre gli accordi raggiunti e richiedi una conferma scritta per garantire chiarezza e trasparenza in caso di necessità future.

Questo comportamento ti aiuterà a preservare relazioni commerciali solide e professionali.

Quali strumenti sono più utili per monitorare e gestire il recupero crediti in modo efficace e continuativo?

Per gestire il recupero crediti aziendale in modo efficace e continuativo, è possibile utilizzare strumenti tecnologici avanzati che integrano algoritmi intelligenti e funzionalità di automazione.

Questi software permettono di monitorare costantemente lo stato dei pagamenti e di ottimizzare le azioni di recupero.

Per esempio, piattaforme specializzate possono fornire informazioni dettagliate sui debitori, come la loro affidabilità finanziaria e il livello di complessità del recupero, anche in caso di collaborazioni con clienti esteri.

Questi strumenti aiutano a risparmiare tempo e a migliorare i risultati.


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Autore

Tino Crisafulli

Avvocato • Legal Advisor | Founder di Recupero Legale.

Specializzato in: Crediti • Contratti • Privacy • Tech.

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© riproduzione riservata

Recupero crediti quando conviene - copertina

Introduzione

Il recupero crediti quando conviene? Non è facile rispondere a questa domanda.

Ci sono alcuni fattori da analizzare prima di rivolgersi a un professionista specializzato nella gestione dei crediti insoluti.

In linea teorica conviene sempre agire per ottenere il pagamento da parte di un cliente moroso.

Qualsiasi sia la misura del tuo credito insoluto è sempre legittimo e corretto pensare di effettuare un’azione di recupero.

Non sarebbe giusto nei confronti del tuo lavoro arrendersi a un debitore che ha deciso di non pagare.

Pertanto la risposta generale alla domanda “recupero crediti quando conviene” è molto semplice.

Da un punto di vista “morale” e professionale ti conviene agire sempre.

Tuttavia ci sono dei casi in cui l’attività di recupero potrebbe essere poco conveniente sotto diversi profili.

In questo articolo ti spiegherò come valutare la convenienza delle azioni di recupero crediti in base a specifici parametri.

Prima di proseguire voglio fornirti alcune informazioni preliminari.

Recupero crediti quando conviene: investimento

Per una corretta gestione di un credito insoluto devi qualificare l’azione di recupero come un’attività di investimento.

In altre parole il creditore sostiene una spesa iniziale per cercare di ottenerne un importo maggiore in futuro.

Se l’insoluto è di importo troppo basso, probabilmente non conviene investire tempo e denaro per avviare un’azione di recupero.

In linea teorica se non ci sono le condizioni economiche che possono garantirti un ritorno dell’investimento, allora non conviene agire per il recupero del credito.

Allo stesso tempo ci sono dei casi in cui le condizioni di recupero sono più favorevoli e sarebbe un peccato non agire per ottenere il pagamento dalla controparte.

Se la somma che devi investire per l’azione di recupero è più bassa rispetto al potenziale guadagno, allora otterrai un ritorno dell’investimento iniziale.

Vediamo insieme quali ulteriori parametri devi analizzare.

Recupero crediti quando conviene: relazione tra tempo e probabilità di recupero

Per capire quando conviene il recupero crediti dovrai effettuare un’analisi previsionale sulle probabilità di successo.

In primo luogo l’anzianità del credito (aging) costituisce un parametro fondamentale nella determinazione dell’esito positivo dell’azione di recupero.

Un’insolvenza recente presenta statisticamente una probabilità di recupero superiore al 70% entro i primi sei mesi dalla scadenza.

Tale percentuale decresce progressivamente in funzione del tempo intercorso, attestandosi intorno al 40% dopo un anno dall’inadempimento.

Il decorso temporale incide negativamente sulla reperibilità del debitore e sulla conservazione del patrimonio aggredibile.

Pertanto, prima di procedere, è necessario individuare i benefici dell’azione di recupero rispetto all’anzianità del credito.

Ti suggerisco una formula matematica per ottenere un valore di riferimento per le tue scelte.

La formula per stimare la convenienza prevede le seguenti operazioni:

  • [valore nominale del credito] moltiplicato [probabilità di recupero] = [valore atteso di recupero];
  • [valore atteso di recupero] meno [costi totali di recupero] = [valore di convenienza].

Recupero crediti quando conviene - calcolo_convenienza

In questo modo, dopo aver individuato il “valore di convenienza”, potrai prendere una decisione ponderata sull’avvio dell’azione di recupero.

Valore atteso di recupero

La “probabilità di recupero” è espressa come un valore tra 0 e 1 (o tra 0% e 100%), non come un numero maggiore di 1.

Ti fornisco un esempio concreto:

  • se la probabilità di recupero è del 70%, nella formula dovrai usare il numero 0,7;
  • se la probabilità di recupero è del 50%, nella formula dovrai usare il numero 0,5;
  • se la probabilità di recupero è del 30%, nella formula dovrai usare il numero 0,3.

Pertanto, se il tuo credito ammonta a euro 10.000, con una probabilità di recupero del 70%, il calcolo sarà:

  • euro 10.000 × 0,7 = euro 7.000 (valore atteso di recupero).

In questo modo, il valore atteso sarà sempre minore o uguale al valore nominale del credito, mai maggiore.

Per individuare la percentuale di probabilità di successo sarà necessario effettuare una valutazione legale preliminare e un’indagine sul patrimonio della controparte.

Recupero crediti quando conviene: recupero stragiudiziale o giudiziale

La scelta tra recupero crediti stragiudiziale o giudiziale richiede un’attenta valutazione di alcuni parametri.

L’entità del credito rappresenta il primo elemento da considerare nella strategia di recupero.

Per importi contenuti, il recupero stragiudiziale risulta economicamente più vantaggioso rispetto ai costi processuali.

In secondo luogo la solvibilità del debitore incide in modo significativo sulle probabilità di successo dell’azione di recupero.

Un’indagine patrimoniale preliminare ti aiuterà a raccogliere dati essenziali per orientare la decisione verso una specifica strategia di incasso.

Inoltre la tempestività dell’intervento può suggerire quando conviene il recupero crediti.

Crediti datati presentano maggiori difficoltà di riscossione, pertanto necessitano spesso di un ricorso all’autorità giudiziaria.

Infine la documentazione probatoria costituisce un fattore determinante nella scelta della strategia di recupero più efficace.

In presenza di un titolo esecutivo (decreto ingiuntivo, sentenza, cambiale), l’azione giudiziale può risultare più celere e incisiva.


Analisi costi-benefici della procedura di recupero

Analisi costi-benefici

L’analisi costi-benefici rappresenta uno strumento decisionale imprescindibile per progettare una strategia di incasso.

Per valutare l’efficacia economica di una procedura di recupero crediti, occorre applicare un modello matematico basato su due variabili:

  • costi totali sostenuti;
  • importo atteso del credito.

L’importo recuperato dovrebbe superare le spese sostenute, con un margine positivo (+20%) che giustifichi l’investimento.

Allo stesso modo l’analisi previsionale sul possibile incasso è un parametro fondamentale per valutare quando conviene il recupero crediti.

Attraverso queste misurazioni potrai stabilire la data approssimativa di pagamento (spontaneo o forzoso), considerando possibili imprevisti e l’aumento dei prezzi medi su beni e servizi (inflazione).

In altre parole, se prevedi di incassare una specifica somma (es. euro 100,00) tra un anno, il beneficio potrebbe essere maggiore se incassi una cifra minore (es. euro 70,00) in un tempo più breve (3 mesi).

Recupero crediti quando conviene: soglie di convenienza economica

La soglia di convenienza si determina calcolando il break-even point (punto di pareggio).

La formula per calcolare il punto di pareggio prevede le seguenti operazioni:

  • [costi fissi di recupero] più [costi variabili di recupero] = [costi totali di recupero];
  • [costi totali di recupero] diviso [probabilità di recupero] = [break even point].

La formula di pareggio definisce l’importo minimo per cui l’azione è vantaggiosa, tenendo conto dell’aspetto economico e dell’incertezza legata all’attività di recupero.

Recupero crediti quando conviene - calcolo_break_even_point

In questo modo potrai prevenire rischi di inefficienza, salvo i casi in cui l’azione di recupero ha valore simbolico o è utile per evitare ripercussioni reputazionali.

Bisogna distinguere tre casi principali:

  • per crediti inferiori a euro 5.000: il recupero giudiziale potrebbe risultare poco vantaggioso;
  • per crediti compresi tra euro 5.000 e euro 20.000: la scelta dipende dalla solvibilità del debitore e dalla velocità di risposta del tribunale competente;
  • per crediti superiori a euro 20.000: l’azione legale potrebbe risultare conveniente, purché sia possibile stimare i tempi di durata del giudizio.

Per determinare quando conviene il recupero crediti, è necessario confrontare i costi dell’azione promossa con il valore atteso del credito recuperato, tenendo conto anche del rapporto tra imprevisti e probabilità di successo.

Indicatori chiave per la decisione di avviare il recupero

L’avvio di una procedura di recupero crediti richiede un’attenta valutazione degli atteggiamenti assunti dal debitore.

La reiterata dilazione dei pagamenti costituisce il primo segnale da monitorare.

Il debitore che modifica unilateralmente le condizioni contrattuali palesa una criticità finanziaria che merita attenzione immediata.

L’assenza di comunicazioni o l’irreperibilità della controparte rappresentano indizi di potenziale insolvenza.

Presta massima attenzione nel caso in cui il debitore abbia contestato la tua prestazione prima della scadenza del pagamento.

La presentazione di obiezioni pretestuose solo dopo i solleciti di pagamento, evidenzia spesso una strategia dilatoria (finalizzata a guadagnare tempo).

Nei crediti commerciali, l’eventuale avvio di procedure esecutive da parte di altri creditori impone un tempestivo intervento.

L’analisi dei bilanci societari può rivelare un deterioramento progressivo degli indici finanziari.

Pertanto, l’incrocio di questi elementi ti aiuterà a programmare l’azione di recupero crediti con maggiore tempestività.

Ritardo temporaneo e inadempienza definitiva: come distinguerli

La distinzione tra ritardo temporaneo e inadempienza definitiva rappresenta un ulteriore indagine che può aiutarti a capire quando conviene l’azione di recupero.

Il mero ritardo configura una situazione transitoria dove il debitore mantiene l’intenzione di adempiere, pur non rispettando la scadenza pattuita.

L’inadempienza definitiva, al contrario, presuppone l’impossibilità o la deliberata volontà di non onorare l’obbligazione assunta.

Per qualificare correttamente la fattispecie occorre analizzare diversi indicatori comportamentali del debitore.

Le comunicazioni intercorse dopo la scadenza costituiscono un primo segnale rivelatore delle reali intenzioni della controparte.

Il debitore in temporanea difficoltà generalmente mantiene un dialogo aperto, proponendo nuovi termini o piani di rateizzazione.

Inoltre la valutazione della storia pregressa del rapporto commerciale fornisce elementi predittivi sul comportamento futuro.

La disponibilità a concordare soluzioni transattive indica tendenzialmente un ritardo, non un’inadempienza strutturale.

D’altra parte, l’assenza di riscontri alle sollecitazioni o la formulazione di pretestuose contestazioni sulla prestazione ricevuta denotano spesso un’intenzione di mancato pagamento.

Pertanto, prima di avviare un’azione di recupero crediti, ti consiglio di classificare correttamente il comportamento della controparte a ridosso delle scadenze di pagamento.

Recupero crediti quando conviene: riconoscimento del debito

Il recupero crediti può risultare molto conveniente nel caso di riconoscimento del debito.

Infatti se la controparte conferma l’esistenza dell’obbligazione e non solleva contestazioni sul pagamento, l’azione di recupero potrebbe risultare più conveniente dal punto di vista economico e operativo.

In particolare il riconoscimento del debito consiste in una dichiarazione, anche implicita, con cui il debitore ammette l’esistenza del diritto di credito.

La legge (articolo 1988 del codice civile) prevede che la promessa di pagamento del debitore produce un’inversione dell’onere probatorio a favore del creditore.

In ambito commerciale, ottenere una dichiarazione scritta che attesti l’esistenza dell’obbligazione pecuniaria rappresenta un vantaggio significativo.

Il debitore che sottoscrive un riconoscimento non potrà più contestare l’esistenza del debito, dovendo dimostrare l’estinzione o l’invalidità del rapporto fondamentale.

Pertanto, nell’ambito del recupero crediti, è vantaggioso richiedere tale dichiarazione durante le trattative stragiudiziali.

La forma scritta, sebbene non obbligatoria, risulta preferibile per evidenti ragioni probatorie.

Il documento deve contenere l’indicazione precisa dell’importo, la causa del debito e la data di sottoscrizione.

In sede giudiziale, il riconoscimento consente di ottenere un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo (come stabilisce l’articolo 642 del codice di procedura civile), accelerando notevolmente i tempi di recupero.

Di conseguenza, una gestione ottimale del credito commerciale prevede l’acquisizione tempestiva di tale dichiarazione, possibilmente alla prima avvisaglia di difficoltà nei pagamenti.

Recupero crediti quando conviene: le fatture non contestate

Se il debitore non contesta la fattura emessa il suo silenzio può assumere un valore legale specifico.

La Cassazione (con la Sentenza n.  3581/2024) ha attribuito valore “confessorio” alle fatture emesse e non disconosciute dal cliente dopo diverse richieste di pagamento.

Pertanto, se hai inviato ripetuti solleciti alla controparte senza ricevere risposte, l’assenza di reclami sulla fattura assume un valore assimilabile al riconoscimento di debito.

Questo orientamento giurisprudenziale rafforza notevolmente la posizione del creditore in sede giudiziale, poiché l’inerzia del debitore viene equiparata a una tacita ammissione dell’esistenza dell’insoluto.

L’elemento innovativo della sentenza risiede proprio nella qualificazione giuridica attribuita al silenzio della controparte.

La Cassazione ha così cristallizzato un principio di responsabilizzazione del debitore nelle relazioni commerciali.

L’assenza di reclami sul contenuto della fattura, dopo solleciti documentati, trasforma il documento in una prova incontestabile.

In questo modo il comportamento del debitore acquisisce un valore probatorio qualificato, paragonabile a una confessione stragiudiziale, che potrebbe precludere la possibilità di sollevare contestazioni tardive.


Conclusione

La decisione di avviare un’azione di recupero crediti richiede una preventiva valutazione della controversia con la controparte.

Se scegli di procedere in via giudiziale contro il debitore dovrai stimare i costi e i tempi di durata della controversia.

Un consulente legale specializzato in credit management può aiutarti a valutare correttamente documenti contabili, contratti e orientamenti giurisprudenziali.

Infatti l’esperienza nella gestione di controversie commerciali è fondamentale per stimare le probabilità di successo.

In assenza di specifiche competenze, potresti trascurare elementi critici come la prescrizione del credito o la presenza di contestazioni sulla prestazione.

La scelta tra trattativa stragiudiziale e azione legale può dipendere da molteplici fattori che richiedono una valutazione complessiva di tutte le variabili.

Un’accurata analisi costi-benefici previene investimenti sproporzionati rispetto all’entità del credito, ottimizzando l’allocazione delle risorse aziendali.

Inoltre gli strumenti di indagine patrimoniale ti aiuteranno a identificare i beni pignorabili o comportamenti sospetti della controparte finalizzati a eludere il pagamento.

La consulenza legale qualificata rappresenta un investimento strategico che può aiutarti a incassare più velocemente il tuo credito insoluto.

Recupero crediti quando conviene - infografica


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Autore

Tino Crisafulli

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Estratto conto - copertina

Estratto conto: introduzione

L’estratto conto rappresenta uno strumento documentale di grande importanza nell’amministrazione aziendale.

Tale documento contabile permette la ricostruzione analitica di tutti i movimenti economici intercorsi tra l’impresa e i suoi interlocutori commerciali.

Nelle attività di credit management, l’estratto conto fornisce una panoramica dettagliata delle posizioni creditorie aperte e dei pagamenti ricevuti.

La consultazione periodica dell’estratto conto consente di identificare tempestivamente eventuali insoluti o ritardi nei pagamenti.

Di conseguenza, l’imprenditore può attuare strategie di recupero crediti tempestive, riducendo il rischio di perdite economiche.

La consultazione di un estratto conto accurato può aiutarti a quantificare correttamente l’importo del credito insoluto.

Infatti l’estratto conto assume valenza probatoria nelle controversie legali relative ai rapporti di collaborazione.

La corretta conservazione dell’estratto conto diventa presupposto imprescindibile per una gestione efficace del portafoglio clienti.

Tuttavia, nelle imprese più strutturate, è necessario applicare una specifica procedura aziendale per consultare e sfruttare questo prezioso documento.

In questa guida ti spiegherò come sfruttare l’estratto conto per tutelare la tua posizione creditoria e prevenire un possibile contenzioso legale.

Prima di proseguire voglio fornirti alcune definizioni preliminari.

Il conto corrente: definizione

Il rapporto di conto corrente rappresenta un accordo contrattuale tra istituto di credito e cliente per la gestione delle operazioni finanziarie quotidiane.

Tale negozio giuridico consente il deposito di somme, l’esecuzione di pagamenti e la ricezione di accrediti mediante uno strumento finanziario digitale.

La normativa bancaria disciplina dettagliatamente questo rapporto, conferendogli caratteristiche peculiari rispetto ad altri servizi simili.

Per il monitoraggio efficace dei crediti commerciali, l’estratto conto costituisce uno strumento imprescindibile nella gestione aziendale.

L’estratto conto fornisce periodicamente una rendicontazione puntuale di tutte le movimentazioni economiche intercorse sul conto corrente bancario.

Mediante l’analisi dell’estratto conto, l’imprenditore può verificare tempestivamente l’avvenuto pagamento delle fatture emesse verso clienti.

Inoltre, l’estratto conto permette di identificare eventuali anomalie nel ciclo degli incassi, facilitando interventi correttivi immediati.

La consultazione regolare del conto corrente consente una gestione ottimale del cash flow aziendale e una pianificazione finanziaria accurata.

L’estratto conto: definizione

L’estratto conto rappresenta un documento contabile di fondamentale rilevanza nell’ambito dei rapporti bancari.

Tale documento costituisce una rendicontazione dettagliata di tutte le operazioni effettuate su un conto corrente in un determinato periodo temporale.

Gli istituti di credito predispongono l’estratto conto con cadenza periodica, generalmente trimestrale, in ottemperanza agli obblighi informativi previsti dal Testo Unico Bancario (D.Lgs. n. 385/1993).

La consultazione dell’estratto conto permette al correntista di verificare movimenti, addebiti e accrediti registrati sul proprio conto.

In particolare, questo strumento contiene data, causale e importo di ciascuna transazione effettuata nel periodo di riferimento.

A seguito della digitalizzazione bancaria, gli istituti di credito rendono disponibile l’estratto conto all’interno dell’area riservata dei servizi di home banking.

Il correntista può accedere al documento mediante autenticazione sul portale dell’istituto o tramite applicazione mobile dedicata.

La normativa vigente impone agli istituti di conservare gli estratti conto digitali per un periodo non inferiore a dieci anni.

Di conseguenza, il cliente ha facoltà di consultare la documentazione storica completa dei propri rapporti finanziari.

L’estrazione dell’estratto conto in formato digitale consente inoltre l’archiviazione personale dei documenti per eventuali necessità future.

Differenza tra estratto conto e salda conto

L’estratto conto rappresenta un documento contabile di carattere periodico rilasciato dal fornitore al cliente.

Tale documento elenca dettagliatamente tutte le operazioni intercorse tra le parti in un determinato arco temporale.

Il fornitore vi registra fatture emesse, pagamenti ricevuti e note di credito, fornendo un quadro delle transazioni commerciali.

In particolare l’estratto conto assume particolare rilevanza per la verifica della corrispondenza tra le registrazioni contabili del cliente e quelle del fornitore.

Il saldaconto, invece, è quel certificato nel quale la banca indica il saldo finale del conto senza evidenziare in modo dettagliato tutti i rapporti intercorsi con il cliente (come fa nell’estratto conto).

Tale documento viene utilizzato principalmente per confermare ufficialmente il debito residuo del cliente verso il fornitore.

L’estratto conto rappresenta uno strumento di verifica più completo rispetto al saldaconto.

Infatti i credit manager sfruttano l’estratto conto bancario come strumento di monitoraggio continuativo dei crediti commerciali.

Di conseguenza ti consiglio di esaminare periodicamente l’estratto conto per individuare tempestivamente eventuali discrepanze.

Al contrario, il saldaconto può essere consultato successivamente per una verifica formale del saldo finale giacente sul conto.

L’utilizzo integrato di entrambi i documenti garantisce un controllo efficace dei flussi finanziari aziendali.


Estratto conto e quantificazione del credito Estratto conto e quantificazione del credito

L’estratto conto rappresenta lo strumento probatorio fondamentale per una corretta determinazione del credito in ambito commerciale.

La documentazione bancaria fornisce elementi oggettivi per verificare l’esatto ammontare delle somme dovute dal debitore.

Per quantificare adeguatamente un credito, è necessario analizzare l’estratto conto attraverso una metodologia rigorosa e sistematica.

I movimenti registrati nel conto corrente aziendale consentono di ricostruire con precisione l’evoluzione del rapporto obbligatorio tra le parti.

Infatti la corretta interpretazione delle voci presenti nell’esatto conto permette di individuare eventuali addebiti non contabilizzati.

In sede giudiziale, tale documento può assumere valore di prova nel caso in cui sia necessario analizzare la sequenza dei pagamenti effettuati dal debitore.

La completa verifica dei movimenti bancari periodici risulta indispensabile per individuare tempestivamente eventuali rischi di insolvenza.

Adesso voglio suggerirti una specifica procedura aziendale per una corretta quantificazione del credito grazie all’estratto conto.

Diritto di credito e accordo

In via preliminare ti ricordo che la tutela del diritto di credito richiede una gestione documentale rigorosa e ordinata.

In molti casi i reparti amministrativi di un’impresa non adottano una procedura specifica per la classificazione e custodia dei documenti.

Per questo motivo è necessario conservare i contratti e le comunicazioni che attestano l’esistenza del credito mediante archivi digitali protetti.

Un sistema cloud dotato di crittografia avanzata rappresenta la soluzione ottimale per la salvaguardia di tali documenti.

Nella gestione dei crediti commerciali, la prova del credito assume valenza determinante anche per prevenire eventuali contestazioni in sede giudiziale.

Di conseguenza ti consiglio di adottare procedure di archiviazione che prevedono l’autenticazione a due fattori.

La normativa vigente riconosce pieno valore probatorio ai documenti digitali correttamente archiviati.

In altre parole, un sistema cloud configurato secondo gli standard di sicurezza informatica garantisce l’integrità dei documenti aziendali.

La gestione del credito necessita di procedure di conservazione che assicurino reperibilità immediata e inalterabilità nel tempo.

Pertanto ti suggerisco di utilizzare software progettati per la conservazione sicura dei contratti che dimostrano l’esistenza del credito.

Diritto di credito e fatture insolute

In seguito è necessario procedere con l’archiviazione delle fatture e dei documenti contabili che consentono una corretta quantificazione della sorte capitale del credito.

Ti ricordo che il nostro ordinamento impone dei precisi adempimenti fiscali per tutti i soggetti obbligati alla fatturazione elettronica.

Il processo di conservazione delle fatture deve garantire l’integrità, l’autenticità e la leggibilità dei documenti nel tempo (secondo quanto stabilito dal D.M. 17 giugno 2014).

Inoltre l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che le fatture elettroniche devono essere custodite entro i termini di presentazione delle dichiarazioni fiscali.

A tal fine il Sistema di Interscambio consente l’archiviazione automatica dei documenti transitati, dopo la loro consegna ai destinatari.

Tuttavia è possibile affidarsi a sistemi tecnologici di archiviazione differenti (accreditati presso l’Agenzia per l’Italia Digitale), garantendo così la validità legale dei documenti fiscali.

Infatti l’accreditamento AgID garantisce che il sistema di conservazione sia conforme alle norme e alle misure di sicurezza previste dalla legge.

Dopo aver custodito il contratto e le fatture, dovrai quantificare in modo corretto la sorte capitale del credito insoluto.

Estratto conto e pagamenti parziali

L’analisi dell’estratto conto rappresenta un adempimento determinante per l’individuazione dei pagamenti parziali della controparte.

La corretta quantificazione della sorte capitale richiede un esame analitico della documentazione contabile disponibile.

In primo luogo, occorre individuare con precisione le fatture insolute mediante verifica incrociata con la contabilità aziendale.

Successivamente, si deve procedere all’imputazione dei pagamenti parziali ricevuti, applicando i principi dettati dalla legge.

Infatti l’articolo 1193 del codice civile stabilisce che il debitore, qualora risulti vincolato da molteplici obbligazioni omogenee verso un unico creditore, conserva la facoltà di indicare, al momento dell’adempimento, a quale specifico debito intende attribuire il versamento effettuato.

In assenza di esplicita dichiarazione, si applica un criterio d’imputazione gerarchico:

  • la priorità spetta all’obbligazione già giunta a scadenza;
  • tra più debiti esigibili, prevale quello con minori garanzie;
  • a parità delle summenzionate condizioni, si privilegia il debito maggiormente gravoso per l’obbligato;
  • in ultima ipotesi, tra debiti di pari importo, l’imputazione va effettuata a quello più antico.

Qualora persiste un’equivalenza tra i vincoli, l’estinzione si ripartisce in proporzione alle singole obbligazioni.

I pagamenti parziali vanno ordinati in modo cronologico, distinguendo quelli imputati direttamente dal debitore da quelli privi di imputazione.

Per quantificare il credito residuo, si sottraggono i pagamenti parziali dall’ammontare originario delle fatture scadute.

La legge (articolo 1194 del codice civile) prevede che, in assenza di diversa indicazione, i pagamenti parziali estinguono prima gli interessi e le spese.

Pertanto, nella determinazione dell’effettivo capitale residuo, risulta necessario considerare tale meccanismo di imputazione.

Durante la fase di verifica, ti consiglio di predisporre un prospetto riepilogativo che elenca i pagamenti parziali ricevuti.

Tale documento facilita l’individuazione del reale ammontare del credito ancora esigibile.

Errata quantificazione del credito

L’errata quantificazione del credito può determinare conseguenze giuridiche negative nella sfera giuridica del creditore.

La determinazione inesatta dell’ammontare dovuto può configurare una violazione degli obblighi di correttezza e buona fede (previsti dall’articolo 1175 del codice civile).

In caso di pagamenti parziali, eventuali errori impediscono la corretta imputazione delle somme ricevute (ai sensi dell’articolo 1193 del codice civile).

Inoltre, in caso di contenzioso giudiziario, se viene richiesto un importo superiore al dovuto, il creditore rischia di:

  • essere condannato al pagamento delle spese legali sostenute dalla controparte;
  • incorrere nella responsabilità processuale aggravata.

I pagamenti parziali, se accettati senza riserve rispetto a una pretesa eccessiva, possono determinare effetti estintivi non voluti dall’obbligato.

Il nostro ordinamento sanziona la negligenza del creditore nella quantificazione, tutelando l’affidamento del debitore.

In ambito commerciale, l’errata quantificazione del credito può influire negativamente nei rapporti tra imprese.

Infatti, nelle transazioni complesse, la corretta determinazione del quantum rappresenta un elemento essenziale per la validità degli accordi.

La giurisprudenza ha confermato la responsabilità del creditore in caso di pagamenti parziali gestiti impropriamente.


Conclusione

La determinazione corretta dell’ammontare del credito costituisce il presupposto imprescindibile per ogni efficace azione di recupero.

L’errata quantificazione può compromettere irrimediabilmente l’esito della controversia giudiziale, con potenziali ricadute economiche significative.

Nell’ambito della gestione del credito commerciale, l’analisi dettagliata dell’estratto conto rappresenta una fase preliminare di straordinaria importanza.

Per questo motivo ti consiglio di chiedere il supporto di un legale specializzato in credit management al fine di verificare scrupolosamente ogni voce contabile.

L’imputazione dei pagamenti parziali richiede particolare attenzione e una discreta competenza con le operazioni di calcolo.

Infatti le norme civilistiche prevedono criteri specifici per l’attribuzione dei versamenti a capitale, interessi e spese.

Un’errata applicazione di tali parametri può alterare sostanzialmente l’entità del credito residuo.

La consulenza specialistica risulta determinante per evitare contestazioni che potrebbero rallentare o vanificare le azioni di recupero.

Estratto conto e quantificazione del credito - infografica


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Autore

Teresa Rossi

Avvocato • Credit Advisor | Founder di Recupero Legale.

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Introduzione

La negoziazione assistita rappresenta uno strumento giuridico efficace per la gestione e il recupero dei crediti commerciali.

Attraverso questa procedura, il creditore può raggiungere un accordo con il debitore per prevenire l’avvio di un contenzioso giudiziale.

Nei rapporti commerciali la negoziazione assistita può aiutarti a preservare le relazioni con i clienti oltre a ridurre significativamente i costi legali per il recupero degli insoluti.

Per avviare correttamente la procedura dovrai chiedere l’intervento di un avvocato e invitare la controparte con precise modalità previste dalla legge.

In questa guida ti spiegherò cos’è la negoziazione assistita e quali sono i vantaggi che puoi ottenere da questa procedura.

Inoltre ti fornirò dei consigli per raggiungere un accordo con il debitore e incrementare le probabilità di incasso.

In questo modo potrai risolvere tempestivamente i contrasti commerciali e migliorare la salute finanziaria della tua impresa.

Prima di proseguire voglio forniti alcune informazioni preliminari.

Cos’è la negoziazione assistita

La negoziazione assistita rappresenta uno strumento giuridico introdotto nel nostro ordinamento per gestire controversie civili e commerciali.

Attraverso questo istituto, le parti coinvolte in una controversia possono avvalersi del supporto tecnico di due avvocati per raggiungere un accordo condiviso.

Il legislatore italiano ha elaborato la negoziazione assistita con l’obiettivo di deflazionare il contenzioso giudiziario, offrendo un percorso alternativo più celere ed economico rispetto al tradizionale iter processuale.

I procuratori legali svolgono un ruolo determinante nel procedimento, per dare impulso alle trattative e predisporre il provvedimento finale che sarà sottoscritto dalle parti.

Tale meccanismo consente di risolvere controversie in ambito civile, commerciale e societario mediante un confronto assistito e regolato dalla legge.

Pertanto la negoziazione assistita si configura come un valido strumento di risoluzione stragiudiziale delle contese, che valorizza il dialogo e la composizione bonaria dei conflitti.

Fasi della negoziazione assistita

La negoziazione assistita è una procedura che si articola in più fasi progressive che si susseguono al fine di favorire la definizione di un conflitto tra due o più parti.

Nella fase iniziale, i soggetti coinvolti designano un proprio avvocato di fiducia per gestire il procedimento.

La fase preliminare si concretizza mediante una comunicazione ufficiale, inviata tramite raccomandata a/r o pec, con la quale l’avvocato sollecita la controparte a concludere una convenzione di negoziazione assistita.

La comunicazione deve altresì precisare che l’assenza di risposta o il diniego entro 30 giorni potrà essere considerato dal giudice nell’ambito della determinazione delle spese processuali.

In caso di accettazione dell’invito, le parti, con l’assistenza dei rispettivi legali, procedono alla sottoscrizione di una convenzione.

Tale accordo deve contenere l’indicazione dell’oggetto della controversia nonché la durata del procedimento negoziale, la quale può oscillare tra un periodo minimo di un mese e un massimo di tre mesi.

Qualora la negoziazione si concluda con esito positivo, le parti formalizzeranno l’intesa in un accordo contrattuale.

Tale atto assume valore di titolo esecutivo e può essere impiegato ai fini dell’iscrizione di ipoteca giudiziale.

I legali attestano l’autenticità delle sottoscrizioni apposte e verificano la conformità dell’accordo alle norme inderogabili di legge.

Negoziazione assistita e recupero crediti

La negoziazione assistita rappresenta uno strumento giuridico strategico per il recupero dei crediti commerciali.

Grazie a questa procedura è possibile raggiungere un accordo vantaggioso con la controparte rispetto ai tradizionali contenziosi giudiziali.

In particolare la negoziazione assistita rappresenta una scelta vantaggiosa quando il credito è contestato ma è supportato da solide prove documentali.

Grazie a questa procedura è possibile avviare una trattativa stragiudiziale con il debitore attraverso il filtro e l’intermediazione dei consulenti legali.

In questo modo è possibile ridurre significativamente i tempi e i costi di definizione del conflitto senza dover ricorrere all’autorità giudiziaria.

Inoltre la redazione di un accordo è un ulteriore vantaggio per il creditore in caso di inadempimento della controparte.

Infatti se il debitore non rispetta le obbligazioni contenute nell’accordo conclusivo, la parte danneggiata potrà avviare un’esecuzione forzata per il recupero coattivo del credito.


La negoziazione assistita: quadro normativo

Negoziazione assistita - quadro normativo

La negoziazione assistita è regolata dal Decreto Legge n. 132/2014, convertito con modificazioni nella Legge n. 162/2014.

L’articolo 2 (del summenzionato decreto) stabilisce l’obbligo per le parti di precisare il termine concordato dalle parti per l’espletamento della procedura.

Inoltre l’articolo 3 (del medesimo decreto) disciplina le controversie per le quali la negoziazione assistita è condizione di procedibilità, come le richieste di pagamento fino a 50.000 euro, escluse quelle in materia di lavoro.

La convenzione potrà prevedere la possibilità di:

  • acquisire testimonianze da soggetti terzi in relazione a fatti pertinenti alla controversia;
  • condurre la negoziazione mediante strumenti telematici;
  • realizzare incontri attraverso collegamenti audiovisivi a distanza.

L’accordo raggiunto produce gli stessi effetti di una sentenza.

Infatti, ai sensi dell’articolo 5 del Decreto Legge n. 132/2014, il provvedimento diviene titolo esecutivo e può essere trascritto nei pubblici registri, dopo essere stato autenticato dagli avvocati.

Questo strumento riduce il contenzioso giudiziario e accelera la definizione delle controversie.

Definizione giuridica

La legge (articolo 2 del Decreto Legge n. 132/2014) definisce la negoziazione assistita come strumento di soluzione alternativa delle controversie.

Il testo normativo impone alle parti il dovere di cooperare in buona fede per definire una controversia e raggiungere una composizione amichevole.

In particolare il testo della norma sancisce l’obbligo per le parti di comunicare in maniera leale e trasparente, attraverso i rispettivi procuratori.

Infatti la presenza degli avvocati durante il procedimento garantisce il rispetto delle norme e lo scambio di osservazioni con toni professionali e collaborativi.

In questo modo è più semplice avviare un dialogo tra le parti e incrementare la probabilità di un accordo stragiudiziale.

Durante il procedimento ciascuna parte dovrà assumersi la responsabilità di individuare soluzioni condivise che possano facilitare la definizione della controversia in tempi rapidi.

Il quadro normativo impone alle parti l’obbligo di cooperare attivamente, rinunciando a comportamenti ostativi che potrebbero impedire il progresso delle trattative.

Ambito di applicazione

La legge (Decreto Legge n. 132/2014) definisce le materie in cui la negoziazione assistita diviene obbligatoria.

La norma dispone l’obbligo di ricorrere a questo strumento per la soluzione delle controversie che riguardano ambiti civili e commerciali.

Di conseguenza la negoziazione assistita può essere sfruttata nelle controversie in materia di diritti di credito e obbligazioni contrattuali.

Inoltre rientrano nell’ambito di applicazione:

  • le controversie in materia di risarcimento danni derivanti da circolazione stradale;
  • le richieste di pagamento di somme (a qualsiasi titolo vantate) non eccedenti l’importo di 50.000 euro.

La negoziazione assistita può essere sfruttata per definire i contenziosi in ambito familiare e nei rapporti tra coniugi.

Allo stesso modo la procedura può essere applicata anche nei casi di richieste risarcitorie conseguenti a responsabilità medica e professionale.

Differenze tra negoziazione assistita e mediazione

La negoziazione assistita e la mediazione civile rappresentano strumenti alternativi alla causa giudiziale, con differenze sostanziali nel metodo e negli effetti.

Nella negoziazione assistita, le parti coinvolte tentano di risolvere la controversia attraverso accordi diretti, supportati esclusivamente dai propri avvocati.

Non è prevista la figura del mediatore: i legali redigono una proposta congiunta, che diventa esecutiva se accettata da entrambe le parti.

Il procedimento è disciplinato dall’articolo 6 del Decreto Legge n. 132/2014 e può concludersi rapidamente, senza formalità procedurali vincolanti.

La mediazione civile richiede, invece, l’intervento di un soggetto terzo imparziale, denominato “mediatore”, accreditato presso appositi organismi, il quale facilita il dialogo tra le parti.

A differenza della negoziazione assistita, il mediatore propone soluzioni attraverso una procedura snella ma codificata per orientare la discussione verso compromessi condivisi.

L’atto conclusivo della mediazione, sottoscritto dalle parti e dal mediatore, possiede efficacia di titolo esecutivo (ai sensi di quanto previsto dall’articolo 12 del Decreto Legislativo n. 28/2010).

Da un lato la negoziazione assistita privilegia l’autonomia decisionale delle parti coadiuvate dai professionisti di fiducia.

Al contrario la mediazione si fonda sulla strutturazione di un confronto guidato da un mediatore che ricopre un ruolo imparziale, che può essere assimilato al ruolo di un giudice durante una causa giudiziale.

La scelta tra i due istituti dipende dalla complessità della controversia e da una valutazione di opportunità in merito al coinvolgimento di una figura terza abilitata a mediare.

Tuttavia entrambi gli strumenti condividono l’obiettivo di ridurre i tempi e i costi del contenzioso tradizionale.


Perché scegliere la negoziazione assistita

Negoziazione assistita - benefici

La negoziazione assistita rappresenta una soluzione efficace per definire le controversie legate alla gestione dei crediti (in particolare i crediti commerciali).

Infatti, a differenza della causa giudiziaria, questa procedura consente alle parti di definire la controversia grazie al patrocinio dei propri legali di fiducia.

In particolare il debitore può negoziare condizioni di pagamento più flessibili, evitando l’incertezza e i tempi dilatati di un processo.

L’iter risulta semplificato poiché non richiede l’intervento di un mediatore esterno, semplificando gli adempimenti burocratici per i partecipanti.

Le parti mantengono il controllo totale della trattativa, adattando le clausole alle esigenze concrete senza vincoli procedurali rigidi.

Un vantaggio decisivo risiede nell’efficacia immediata dell’accordo: una volta sottoscritto, il documento assume valore di titolo esecutivo.

Inoltre questo strumento riduce gli oneri legati alla mediazione civile o al giudizio ordinario, preservando al contempo i rapporti commerciali.

Infine la riservatezza del procedimento tutela la reputazione delle parti e favorisce il mantenimento di relazioni professionali.

Adesso vediamo nel dettagli i benefici principali per il creditore.

Tempi più brevi

La negoziazione assistita presenta tempistiche flessibili, condizionate dalla natura della controversia e dalla collaborazione tra le parti.

Il procedimento si sviluppa solitamente in un arco compreso tra trenta e novanta giorni.

Tuttavia alcuni casi particolarmente complessi possono richiedere periodi più estesi di trattative.

La fase preliminare implica l’esame della documentazione legale, con tempistiche variabili in base alla completezza degli atti forniti dai contraenti.

In seguito le parti potranno avviare la fase di negoziazione per trovare un accordo sulle tematiche per cui è sorta la controversia.

Un fattore determinante è la velocità di comunicazione tra gli avvocati, incaricati di mediare posizioni spesso divergenti.

Gli incontri tecnici e lo scambio di proposte richiedono mediamente due o tre settimane, a meno di ostacoli imprevisti.

L’eventuale necessità di richiedere perizie o acquisire pareri supplementari potrebbe incidere sensibilmente sulla durata complessiva del procedimento.

Rispetto al contenzioso tradizionale, la negoziazione assistita riduce i tempi grazie all’assenza di formalità giudiziarie.

Per ottimizzare i risultati, ti consiglio di programmare con il tuo legale un calendario operativo per definire la durata di ogni fase intermedia.

Costi ridotti

La negoziazione assistita comporta oneri economici variabili, determinati principalmente dalla complessità della controversia e dal compenso professionale da riconoscere al legale incaricato.

Di solito i costi comprendono tre elementi:

  • il parere preliminare;
  • la redazione di documenti;
  • le spese amministrative.

In particolare il parere preliminare richiede un’analisi giuridica approfondita, con tariffe orarie o forfettarie stabilite in base alla competenza specifica dell’avvocato.

La redazione di documenti (invito e accordo conclusivo) incrementa i compensi del legale, poiché il professionista dovrà adoperarsi per redigere i documenti necessari per il procedimento oltre all’accordo con cui le parti potranno definire la controversia.

Infine le spese amministrative includono gli eventuali diritti di segreteria e i costi di notifica, generalmente fissati in misura predeterminata in base agli adempimenti da eseguire.

Ti consiglio di definire in anticipo gli onorari con il legale che ti seguirà nel corso della negoziazione, al fine di evitare contestazioni e incomprensioni successive.

Pur essendo meno onerosa di un giudizio ordinario, la negoziazione assistita richiede comunque un investimento proporzionato agli obiettivi perseguiti.

Tuttavia, attraverso un’accurata pianificazione finanziaria, potrai ridurre i costi e sfruttare questo strumento strategico per risolvere una controversia.

Maggiore riservatezza

La negoziazione assistita garantisce un elevato grado di riservatezza che consente di proteggere i dati sensibili e le trattative tra le parti.

La legge e il codice deontologico forense impongono agli avvocati coinvolti di osservare l’obbligo di segretezza su contenuti e documenti, con sanzioni disciplinari in caso di violazione.

Infatti le informazioni emerse durante il procedimento non acquisiscono carattere pubblico e sono conosciute unicamente dai partecipanti e dai rispettivi legali.

In particolare le dichiarazioni rese dalle parti non possono essere prodotte come prova in tribunale, a meno di consenso reciproco (ai sensi quanto previsto dall’articolo 9 del Decreto Legge n. 132/2014).

Per rafforzare la protezione, ti consiglio di inserire clausole specifiche nell’accordo preliminare, definendo i limiti alla circolazione delle informazioni.

Grazie a queste regole, le parti possono svolgere le trattative in modo riservato, eliminando il pericolo di divulgazione di informazioni e prevenendo possibili danni reputazionali.


Il procedimento di negoziazione assistita nel recupero crediti

Negoziazione assistita - procedimento

La negoziazione assistita finalizzata al recupero di un credito insoluto richiede alcune attività preliminari.

In via preliminare il creditore raccogliere i documenti su cui si fonda il diritto, affinché il legale incaricato possa verificare degli elementi probatori a sostegno della pretesa.

Successivamente sarà necessario notificare al debitore un invito formale alla negoziazione al fine di avviare il procedimento.

Le parti hanno periodo di tempo limitato (non inferiore a un mese e non superiore a tre mesi) dalla notifica per raggiungere un accordo.

La durata della negoziazione può essere prorogata di ulteriori 30 giorni con mutuo consenso dei partecipanti (ai sensi di quanto prevede l’articolo 2, comma 2, del Decreto Legge n. 132/2014).

In seguito, in caso di adesione del debitore, si procede alla stipula di un accordo scritto con efficacia esecutiva, equiparabile a un titolo giudiziale.

Vediamo nel dettaglio alcuni consigli utili per definire la controversia con il debitore.

Cosa inserire nell’invito alla negoziazione

L’invito alla negoziazione assistita richiede alcune integrazioni per massimizzare l’efficacia di una strategia di recupero crediti.

In primo luogo, occorre specificare in modo inequivocabile l’ammontare del credito, indicando la fonte contrattuale o legale che ne giustifica l’esistenza.

Per questo motivo è necessario raccogliere tutta la documentazione (contratto, fatture, comunicazioni tra le parti) per rafforzare la posizione creditoria e ridurre possibili contestazioni.

Il testo dell’invito può includere una quantificazione anticipata dei tempi di durata delle trattative.

In base alla strategia negoziale, potrebbe essere vantaggioso fissare scadenze intermedie per esercitare una pressione temporale sulla controparte.

La forma dell’invito deve rispettare i requisiti previsti dalla legge, menzionando la volontà di avvalersi del procedimento.

Un errore frequente consiste nell’omissione dei termini perentori per la risposta, elemento che può compromettere l’iter.

Infine ti consiglio di inserire clausole di confidenzialità per protegge i dati sensibili e prevenire la diffusione di documenti di natura riservata.

Esiti possibili: accordo, mancato accordo o inadempimento

La negoziazione assistita può condurre a tre esiti principali, ciascuno con implicazioni giuridiche distinte.

L’ipotesi più favorevole prevede la sottoscrizione di un accordo vincolante, redatto in forma scritta e sottoposto a controllo di legittimità da parte degli avvocati delle parti.

Tale intesa assume efficacia esecutiva immediata, equiparandosi a un titolo esecutivo senza necessità di omologazione giudiziale.

In caso di mancato accordo, le parti possono avviare una causa giudiziale al fine di avviare un contradditorio e far valere le proprie pretese giuridiche.

In particolare l’insuccesso nelle trattative non preclude ulteriori tentativi di transazione, purché sussistano nuovi elementi negoziali che possano favorire la definizione della controversia.

Un terzo scenario riguarda l’inadempimento successivo alla stipula dell’accordo, ipotesi che attiva gli strumenti coercitivi previsti dal codice di procedura civile.

Infatti la parte lesa può richiedere l’esecuzione forzata direttamente al giudice competente, producendo l’accordo raggiunto durante la negoziazione assistita.

Strategie per evitare il fallimento della negoziazione

La negoziazione assistita richiede un elevato grado di competenza per scongiurare esiti negativi.

In via preliminare ti consiglio di definire gli obiettivi di incasso prima di avviare le trattative con la controparte.

In questo modo potrai circoscrivere il campo d’azione, ipotizzando il possibile esito della controversia e riducendo il rischio di divergenze improduttive.

Un errore frequente consiste nell’adottare posizioni rigide, trascurando soluzioni transattive che soddisfino entrambe le parti.

L’ascolto attivo delle argomentazioni della controparte facilita l’individuazione di punti di contatto, al fine di convergere verso compromessi sostenibili.

In caso di comportamento ostile della controparte, ti consiglio di creare una pausa concordata, al fine di effettuare verifiche supplementari.

In questo modo potrai stemperare la tensione e prevenire decisioni affrettate che possono determinare il fallimento delle trattative.

Inoltre ti consiglio di definire con priorità gli aspetti su cui c’è immediata convergenza e posticipare gli aspetti critici dopo aver costruito una base di consenso.


Conclusione

La negoziazione assistita offre vantaggi strategici nella definizione delle controversie commerciali, in particolare per il recupero di crediti insoluti.

Le trattative condotte in questa procedura possono aumentare la probabilità di incasso, grazie al filtro di soggetti terzi che non sono coinvolti emotivamente nel contenzioso.

In questo modo le parti possono preservare i rapporti commerciali potenzialmente proficui, evitando l’antagonismo tipico delle aule giudiziarie.

La negoziazione assistita produce effetti giuridici immediati e riduce i costi legali per il creditore.

Infatti l’accordo sottoscritto dalle parti costituisce titolo esecutivo, eliminando il rischio di lunghe e dispendiose controversie.

Per questo motivo ti consiglio di scegliere con attenzione il professionista con cui vorrai avviare il procedimento di negoziazione assistita.

Un legale specializzato in ADR (Alternative Dispute Resolution – Risoluzione alternativa delle controversie) può aiutarti a individuare soluzioni transattive che possono essere accettate dalla controparte.

Negoziazione assistita - consigli per la trattativa


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Autore

Tino Crisafulli

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Prevenire un credito insoluto - copertina

Come prevenire un credito insoluto: introduzione

Prevenire un credito insoluto è l’attività più importante che ti aiuterà a limitare il rischio di insolvenza.

Per raggiungere questo risultato è necessario eseguire un’accurata profilazione dei tuoi clienti.

In particolare l’analisi preventiva della solidità economica e finanziaria della controparte rappresenta un passaggio imprescindibile prima di instaurare rapporti commerciali.

La valutazione degli indici di liquidità e solvibilità offre un quadro attendibile sulle capacità di adempimento futuro.

Inoltre l’esame patrimoniale della controparte consente di identificare i beni che possono garantire il pagamento dell’obbligazione pecuniaria.

L’adozione di strumenti preventivi durante la negoziazione rafforza ulteriormente la posizione creditoria.

In particolare la consultazione delle banche dati specializzate rivela eventuali procedure concorsuali o esecutive pendenti.

La richiesta di referenze bancarie costituisce un ulteriore elemento di valutazione della reputazione commerciale del debitore.

Tuttavia non sempre è semplice stabilire le priorità e seguire uno schema ordinato.

In questo articolo ti spiegherò come prevenire un credito insoluto per proteggere la tua impresa e il flusso di cassa da eventi pericolosi.

Ma prima di proseguire voglio fornirti alcune informazioni preliminari.

La fiducia nei rapporti commerciali: evoluzione storica

L’evoluzione dei rapporti commerciali affonda le proprie radici nella fiducia interpersonale dei mercanti medievali.

Durante i secoli, la stretta di mano quale forma di conclusione dell’accordo rappresentava una garanzia sufficiente tra operatori economici di buona reputazione.

Il progresso industriale ha trasformato radicalmente questo paradigma fiduciario, introducendo meccanismi formali di valutazione dell’affidabilità.

Nel XX secolo, gli istituti bancari hanno sviluppato i primi sistemi documentali per valutare l’affidabilità creditizia dei clienti.

La rivoluzione digitale ha successivamente accelerato questa transizione verso modelli predittivi basati su algoritmi statistici.

Alla data odierna sofisticati sistemi di rating analizzano molteplici variabili per prevenire un credito insoluto con precisione scientifica.

Le imprese moderne dispongono, pertanto, di strumenti avanzati che quantificano numericamente il rischio di inadempienza della controparte.

In altre parole, la fiducia commerciale si è trasformata da valore soggettivo a grandezza misurabile attraverso parametri oggettivi.

Alcune piattaforme digitali offrono report dettagliati sulla solidità patrimoniale di potenziali partner commerciali.

Di conseguenza, prevenire un credito insoluto rappresenta un processo standardizzato nelle realtà aziendali più organizzate.

Come prevenire un credito insoluto: procedura aziendale

Per prevenire un credito insoluto dovrai applicare una procedura aziendale, con regole predeterminate e comportamenti standardizzati.

La costruzione di una procedura aziendale richiede una valutazione iniziale sul modello di business dell’impresa.

In questo modo potrai identificare le risorse che saranno coinvolte nello svolgimento delle attività di profilazione del cliente.

La procedura deve prevedere meccanismi di controllo interno per verificare in modo periodico la solvibilità dei clienti.

Ti consiglio di identificare le attività standard e rappresentarle all’interno di un grafico o diagramma di flusso.

In seguito dovrai stabilire gli strumenti da utilizzare per la verifica e i parametri di misurazione per valutare l’efficacia della procedura nel tempo.

La formazione del personale rappresenta un elemento imprescindibile per l’effettiva applicazione delle nuove direttive.

Durante l’implementazione, dovrai monitorare costantemente i feedback dei dipendenti coinvolti per identificare eventuali errori.

Infine dovrai revisionare la procedura periodicamente per adeguarla alle nuove esigenze aziendali e alle eventuali modifiche normative.


Credit score: definizione

Prevenire un credito insoluto - credit score

Il credit score è un punteggio numerico che rappresenta l’affidabilità creditizia di un individuo o di un’impresa.

L’analisi della solidità economica del cliente si fonda sull’esame della sua storia creditizia, con particolare riferimento alla puntualità nei pagamenti e all’esposizione debitoria complessiva.

Il credit score costituisce un indicatore finanziario molto importante per una corretta gestione del rischio commerciale.

Le verifiche sistematiche sul merito creditizio permettono di prevenire crediti insoluti attraverso l’identificazione preventiva di clienti problematici.

Infatti, la consultazione periodica degli aggiornamenti sui rating finanziari fornisce un quadro dinamico della situazione patrimoniale delle controparti commerciali.

Di conseguenza, l’imprenditore può utilizzare il credit score quale parametro decisionale nelle politiche di vendita e nelle condizioni di pagamento concesse.

Pertanto, in ambito aziendale, la conoscenza approfondita dei meccanismi valutativi del credit score tutela l’equilibrio finanziario dell’impresa.

Analisi dei bilanci e indicatori economico-finanziari

L’analisi dei bilanci costituisce un accertamento molto utile per valutare in via preventiva la solvibilità delle controparti commerciali.

Gli indicatori economico-finanziari traducono in valori numerici la reale capacità di adempimento degli obblighi pecuniari di un’impresa.

Il ROI (Return on Investment), ad esempio, misura l’efficienza della gestione attraverso il rapporto tra risultato operativo e capitale investito.

Infatti, un basso indice di liquidità primaria segnala potenziali difficoltà nel fronteggiare con le risorse disponibili debiti a breve termine.

L’esame dell’indice di indebitamento rivela il grado di dipendenza dell’impresa da fonti di finanziamento esterne.

Di conseguenza, alcuni valori possono indicare situazioni di squilibrio patrimoniale con elevato rischio di insolvenza.

La valutazione periodica di questi parametri permette di prevenire un credito insoluto mediante l’identificazione tempestiva di segnali di deterioramento finanziario.

In ambito aziendale, pertanto, l’interpretazione sistematica degli indicatori di bilancio facilita la corretta gestione del rischio commerciale e la concessione di dilazioni di pagamento.

Storia dei pagamenti e comportamento commerciale

La storia dei pagamenti rappresenta un indicatore retrospettivo dell’effettiva solvibilità di un soggetto economico.

L’analisi delle condotte pregresse costituisce uno strumento predittivo affidabile per le future dinamiche di adempimento.

Un cliente con ripetuti ritardi, superiori a 60 giorni, manifesta un profilo di rischio elevato nonostante l’assenza di protesti.

Allo stesso modo è utile prestare attenzione alle ripetute richieste di proroga dei pagamenti che superano le scadenze contrattuali pattuite.

Inoltre, il comportamento commerciale della controparte permette di comprendere la sua affidabilità nelle transazioni e la coerenza con gli accordi stipulati.

Frequenti contestazioni sulla qualità del servizio e/o prodotto acquistato possono nascondere strategie dilatorie finalizzate a ritardare i pagamenti.

La repentina modifica delle abitudini d’acquisto segnala talvolta difficoltà finanziarie non ancora emerse dai dati contabili.

Di conseguenza è molto importante monitorare questi parametri comportamentali attraverso specifici database interni costantemente aggiornati.

Pertanto, in presenza di segnali critici (come la sostituzione improvvisa degli organi amministrativi o un allungamento dei tempi di pagamento), è opportuno rivedere le condizioni del rapporto con il cliente.

Prevenire un credito insoluto: informazioni di mercato e settoriali

Le informazioni di mercato costituiscono un elemento determinante nell’analisi preventiva del rischio di insolvenza.

Infatti, l’andamento macroeconomico del settore influenza direttamente la capacità di adempimento delle imprese operanti in tale ambito.

L’analisi del settore in cui opera il cliente aiuta a identificare eventuali criticità economiche o normative.

Per esempio, un’impresa attiva in un mercato in declino potrebbe incontrare difficoltà nel rispettare gli impegni finanziari.

Anche la conoscenza delle dinamiche concorrenziali consente di valutare la sostenibilità a lungo termine di un’azienda e di individuare segnali di possibile instabilità.

Un modello di business, infatti, può diventare obsoleto a causa dell’innovazione tecnologica, dell’ingresso di nuovi competitor o di cambiamenti nelle preferenze dei consumatori.

Per esempio, un’impresa che basa la propria attività su tecnologie superate potrebbe perdere competitività, riducendo la capacità di generare ricavi e onorare gli impegni finanziari.

L’analisi della concorrenza permette di identificare questi scenari con anticipo.

Se un cliente opera in un settore minacciato dall’innovazione o dalla regolamentazione, potrebbe incontrare difficoltà economiche nel breve termine.

Pertanto, al fine di prevenire crediti insoluti è molto importante integrare le analisi sui singoli clienti con valutazioni settoriali aggiornate anticipando eventuali criticità.


Il rischio nei rapporti commerciali

Prevenire un credito insoluto - rischio rapporti commerciali

Il rischio creditizio rappresenta un elemento fisiologico nelle relazioni commerciali.

Infatti ogni transazione comporta un margine di incertezza legato alla capacità del cliente di adempiere gli obblighi contrattuali.

Per questo motivo è importante che l’imprenditore analizzi con attenzione la controparte al fine di segmentare la clientela in classi di rischio.

Questa valutazione consente di minimizzare il pericolo di insolvenze, migliorando la solidità finanziaria dell’impresa e ottimizzando le condizioni di pagamento.

Inoltre, attraverso un’attenta classificazione dei clienti, l’imprenditore può prendere decisioni più informate proteggendo la propria azienda da potenziali perdite finanziarie.

La classificazione, infatti, consente di calibrare le condizioni contrattuali in funzione del profilo specifico del cliente.

In particolare la richiesta di garanzie fideiussorie per clienti in fascia di rischio elevata riduce possibili rischi di insolvenza.

La valutazione periodica del merito creditizio permette inoltre di prevenire un credito insoluto attraverso la tempestiva identificazione di segnali di deterioramento.

Pertanto è utile adottare misure correttive adeguate, come la revisione delle condizioni di pagamento, l’implementazione di strategie di recupero crediti o la diversificazione del portafoglio clienti.

In questo modo l’azienda può essere in grado di ridurre il rischio di perdite finanziarie e migliorare la sua stabilità economica.

Prevenire un credito insoluto: definizione di soglie di rischio

Le soglie di rischio rappresentano dei valori limite oltre i quali l’esposizione creditizia diventa potenzialmente pericolosa per l’equilibrio finanziario aziendale.

Tali parametri individuano i livelli di tolleranza oltre i quali l’impresa creditrice considera inaccettabile l’esposizione debitoria.

La calibrazione di questi valori richiede un’analisi differenziata per ciascuna categoria di clientela.

Nel settore B2B, l’imprenditore di solito assegna limiti più elevati ai clienti con cui ha una relazione consolidata basandosi su un’analisi della loro affidabilità finanziaria e sullo storico dei pagamenti.

Questo metodo permette di favorire la continuità delle transazioni e di rafforzare i rapporti di fiducia, mantenendo comunque un controllo sul rischio di credito.

Al contrario, per i clienti sconosciuti o di nuova acquisizione, l’assegnazione di un limite di credito dovrebbe avvenire in modo più prudente.

In questi casi, l’imprenditore può adottare politiche più restrittive e basarsi su informazioni esterne, come report di agenzie di rating, bilanci aziendali e referenze commerciali.

La revisione periodica dei parametri consente di adattare tempestivamente le decisioni aziendali alle mutate condizioni economiche dei clienti.

Prevenire un credito insoluto: monitoraggio e corretta misurazione

Una gestione aziendale efficace prevede il monitoraggio costante dell’andamento dei rapporti commerciali.

L’analisi del comportamento dei clienti permette all’impresa di adottare misure preventive e proporzionate in funzione della gravità degli atteggiamenti rilevati.

Se vengono individuate anomalie lievi è possibile effettuare un semplice monitoraggio rafforzato, con incremento della frequenza delle verifiche e l’attivazione di alert automatici.

Diversamente, in presenza di segnali più preoccupanti, l’impresa può procedere con un’interlocuzione diretta con il cliente per comprendere le ragioni delle variazioni riscontrate.

Qualora emergano criticità sostanziali, l’imprenditore può richiedere garanzie supplementari oppure rimodulare le condizioni contrattuali riducendo i termini di pagamento.

Nei casi più gravi, le misure preventive possono estendersi fino alla sospensione delle forniture o alla richiesta di pagamento anticipato.

L’efficacia di questo sistema risiede nella sua tempestività e nella corretta graduazione degli interventi.

Le strategie di risposta devono essere proporzionate alla gravità dei segnali rilevati e alla rilevanza strategica del cliente nel portafoglio aziendale.


Come prevenire un credito insoluto: regole da seguire

Prevenire un credito insoluto - regole

La valutazione preliminare del cliente rappresenta il primo passo per ridurre il rischio di insolvenza.

Prima di stipulare un accordo è importante raccogliere alcune informazioni sulla controparte al fine di valutare la sua affidabilità.

L’analisi iniziale del cliente permette di identificare potenziali criticità.

Molto spesso i segnali premonitori di difficoltà finanziarie emergono già dalle prime interazioni commerciali.

In base profilo di rischio rilevato e alla tipologia di cliente è possibile definire condizioni contrattuali adeguate già nella fase di avvio della collaborazione.

Inoltre ti consiglio di verificare la struttura societaria della controparte, prestando attenzione alla stabilità degli assetti proprietari.

La reputazione nel settore di riferimento, inoltre, fornisce indicazioni preziose non desumibili dai soli dati contabili.

Il complesso delle informazioni raccolte consente di delineare il profilo di rischio del potenziale cliente.

Tale profilazione ti aiuterà a stabilire le migliori condizioni contrattuali da proporre alla controparte al fine di prevenire eventuali inadempimenti.

Adesso vediamo nel dettaglio quali regole seguire per proteggere la tua attività da rischi.

Identificazione del cliente: documenti e richieste

Prima di concludere un affare è importante identificare con certezza la controparte e richiedere alcuni documenti che attestino l’esistenza e l’affidabilità dell’impresa.

In ambito B2B, prima di avviare la collaborazione l’acquisizione della visura camerale del cliente rappresenta il primo strumento di verifica.

La visura camerale è un documento che viene rilasciato dalla Camera di Commercio competente e fornisce informazioni essenziali su un’azienda (come la denominazione sociale, la sede legale, la partita IVA, l’identità degli amministratori e il tipo di attività).

In seguito è necessario acquisire una copia del documento di riconoscimento del legale rappresentante.

Lo scopo di questa richiesta è quello di verificare la corrispondenza tra il soggetto firmatario e colui che detiene effettivamente i poteri di rappresentanza.

Un controllo di questi elementi riduce il rischio di avviare rapporti con soggetti inaffidabili e favorisce operazioni commerciali più sicure.

La conoscenza approfondita dell’effettiva struttura societaria del cliente costituisce pertanto un elemento fondamentale nella fase preliminare della negoziazione.

Tale analisi consente di identificare i reali centri decisionali e di potere economico, rivelando eventuali criticità patrimoniali nascoste dietro complesse architetture societarie.

L’esame della compagine sociale, degli assetti proprietari e dei collegamenti con altre entità giuridiche permette di valutare con maggiore accuratezza il rischio finanziario che dovrai correre.

Rischio di insolvenza: persone fisiche e giuridiche

Per prevenire un credito insoluto è fondamentale adottare criteri di valutazione differenti a seconda che il cliente sia una persona fisica o una persona giuridica.

Poiché il rischio di inadempimento varia in base alla natura del soggetto, occorre effettuare verifiche diverse prima di avviare la collaborazione.

Nel caso di una persona fisica, l’analisi deve concentrarsi sulla capacità reddituale del soggetto e sulla proprietà di eventuali beni di garanzia (quote societarie o immobili).

In questa fase ti consiglio di effettuare un’indagine patrimoniale preventiva al fine di valutare l’affidabilità della controparte.

Per una persona giuridica, invece, la verifica dovrà concentrarsi sui dati patrimoniali dell’ente e sull’identità degli amministratori.

La visura camerale permette di verificare lo stato dell’impresa, mentre il bilancio d’esercizio fornisce informazioni utili sulla stabilità economica.

Inoltre, per valutare l’affidabilità di una persona giuridica, sarà necessario verificare la reputazione dell’impresa e il comportamento degli amministratori.

La presenza di ricavi nei documenti contabili non è sufficiente a scongiurare rischi futuri.

Infatti una gestione poco trasparente dell’impresa (deducibile tramite articoli sui media e recensioni sui social network) potrebbe costituire un campanello d’allarme da attenzionare.

La valutazione approfondita dei clienti permette di ridurre i rischi e garantire rapporti commerciali più sicuri e sostenibili.

Verifica della partita iva

Prima di stipulare un accordo commerciale è utile verificare la partita iva del cliente al fine di accertare la sua effettiva esistenza fiscale e la sua regolare iscrizione presso l’Agenzia delle Entrate.

L’obiettivo di questo controllo è quello di evitare di instaurare rapporti con soggetti inesistenti o non autorizzati a esercitare attività economiche.

Per eseguire la verifica ti consiglio di utilizzare uno strumento gratuito sul sito dell’Agenzia delle Entrate.

Dopo aver inserito il numero di partita iva nell’apposita sezione, il sistema restituisce informazioni essenziali, tra cui la denominazione della società e l’eventuale cessazione dell’attività.

Questa analisi accurata prima della firma di un contratto riduce le probabilità di insolvenza e tutela la stabilità finanziaria dell’azienda.

Infatti potrai anche scoprire se la società che vuole concludere un affare con te è ancora attiva, o se è in fase di liquidazione.

In questo video spiego come effettuare la verifica senza commettere errori.

Stabilire in anticipo le modalità di pagamento

Per prevenire un credito insoluto è importante stabilire in anticipo le modalità di pagamento e cristallizzare in un documento le obbligazioni pecuniarie della controparte.

Un accordo preventivo, infatti, riduce il rischio di contestazioni future e garantisce maggiore sicurezza nelle transazioni commerciali.

In questo momento sarà possibile segmentare le fasi progressive della collaborazione e monitorare e monitorare il reciproco adempimento degli obblighi contrattuali.

Il pagamento deve essere definito nei dettagli prima di avviare qualsiasi attività specificando:

  • la data di ogni scadenza;
  • gli importi da versare;
  • le modalità di pagamento accettate.

All’interno del contratto le parti potranno stabilire eventuali garanzie aggiuntive per pianificare con maggiore sicurezza l’andamento del rapporto professionale.

Tali comportamenti rafforzano la posizione creditoria e producono un vantaggio da sfruttare in sede giudiziale in caso di inadempimento.

Infatti, nel caso in cui sarà necessario procedere con l’attività di recupero crediti, sarà più semplice smentire eventuali contestazioni del debitore sulle modalità di pagamento.

Indagine patrimoniale sulla controparte

Per prevenire un credito insoluto è molto utile effettuare delle indagini patrimoniali sulla controparte prima di stipulare l’accordo.

Conoscere la situazione economica del cliente consente di valutare preventivamente eventuali rischi e adottare le opportune misure di tutela.

Nel caso di persone fisiche, è utile verificare la presenza di:

  • proprietà immobiliari;
  • redditi periodici (stipendio o pensione);
  • eventuali gravami pregiudizievoli (come ipoteche o pignoramenti).

Questi elementi forniscono informazioni preziose per valutare la capacità della controparte di adempiere agli obblighi contrattuali.

Per le persone giuridiche, invece, è importante esaminare:

  • la visura camerale;
  • i bilanci;
  • la presenza di protesti;
  • le eventuali partecipazioni societarie.

Inoltre è possibile accedere ai dati della Centrale Rischi per valutare l’affidabilità creditizia societaria e individuare potenziali criticità.

Le informazioni sulla solvibilità del cliente aiutano a prevenire crediti insoluti e a stabilire modalità di pagamento più sicure per il creditore.

In questo video ti spiego come effettuare indagini patrimoniali sulla tua controparte.


Conclusione

La corretta profilazione della clientela rappresenta un adempimento fondamentale per prevenire un credito insoluto nelle operazioni commerciali.

L’adozione di procedure preliminari di verifica patrimoniale consente di individuare tempestivamente soggetti ad alto rischio di insolvenza.

I benefici economici derivanti da tale approccio prudenziale si traducono in sensibile riduzione dei costi di recupero crediti, spesso assai gravosi per le casse aziendali.

La preventiva analisi della solvibilità del futuro cliente permette inoltre di ottimizzare la gestione del cash flow aziendale.

Nell’ottica della sana gestione finanziaria, prevenire un credito insoluto significa altresì evitare l’accantonamento di risorse a copertura di perdite presunte.

Di conseguenza, le somme non immobilizzate possono essere reinvestite in attività produttive con evidenti ricadute positive sulla redditività complessiva.

L’implementazione di un sistema strutturato di valutazione creditizia costituisce pertanto un investimento strategico ad alto rendimento.

In conclusione ti consiglio di predisporre adeguati strumenti di verifica (procedurali e contrattuali) per prevenire un credito insoluto e individuare clienti poco solvibili.

Prevenire un credito insoluto - come scegliere un cliente - schema


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Autore

Tino Crisafulli

Avvocato • Legal Advisor | Founder di Recupero Legale.

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Sentenza civile - copertina

Sentenza civile: introduzione

La sentenza civile costituisce uno strumento giuridico alternativo per il recupero di un credito insoluto.

Infatti l’assenza di prove documentali rappresenta un ostacolo significativo per ottenere un decreto ingiuntivo.

In mancanza di documenti scritti che attestino l’esistenza del credito, l’ordinamento giuridico consente di promuovere un giudizio di cognizione.

Questo procedimento, disciplinato dal codice di procedura civile, permette al creditore di ottenere un titolo esecutivo valido con modalità differenti rispetto al procedimento di ingiunzione.

Durante il giudizio, il magistrato esamina le prove (tra cui anche quelle testimoniali) e gli elementi probatori disponibili.

La sentenza civile che ne deriva, una volta passata in giudicato, assume piena efficacia di titolo esecutivo.

Pertanto, il creditore acquisisce il diritto di avviare l’esecuzione forzata sui beni del debitore.

In altre parole, anche senza prove scritte del credito, la legge offre una soluzione per tutelare le ragioni creditorie.

In questo articolo ti spiegherò come sfruttare la sentenza civile nel recupero dei crediti commerciali.

Prima di proseguire voglio fornirti alcune definizioni preliminari.

Giudizio di cognizione e sentenza civile

Il giudizio di cognizione rappresenta la fase processuale in cui il magistrato esamina una controversia tra due o più soggetti per accertare la fondatezza delle pretese avanzate da una delle parti.

Tale procedimento costituisce il nucleo dell’attività giurisdizionale civile, con cui si tutela e si accerta l’esistenza dei diritti contestati.

Nel corso di questa fase, il giudice valuta le prove prodotte e applica le norme giuridiche pertinenti alla fattispecie per cui è sorta la controversia.

Lo svolgimento del giudizio si articola attraverso precisi passaggi procedurali che garantiscono il contraddittorio tra le parti processuali.

Lo scopo del giudizio di cognizione è quello di chiedere l’intervento di un giudice affinché quest’ultimo dichiari la sussistenza o meno di un diritto controverso.

In un contenzioso tra creditore e debitore, è possibile avviare un giudizio di cognizione in assenza di prove documentali utili per l’avvio di un procedimento di ingiunzione.

In questo modo l’ordinamento fornisce uno strumento processuale per regolare i rapporti giuridici che hanno determinato l’insorgenza di una disputa legale.

Il giudizio di cognizione svolge la fondamentale funzione di rimuovere l’incertezza sulle situazioni giuridiche soggettive al fine di offrire tutela ai diritti meritevoli di protezione.

Sentenza civile: definizione

La sentenza civile rappresenta l’atto giurisdizionale con cui il giudice conclude il processo civile.

Questo provvedimento decisorio risolve le controversie tra le parti attraverso l’applicazione di norme giuridiche.

Il magistrato giudicante, dopo aver valutato le prove e le tesi giuridiche dei procuratori legali, formula un giudizio vincolante per le parti processuali.

Secondo quanto prevede la legge (articolo 132 del codice di procedura civile) la sentenza civile deve contenere i seguenti elementi fondamentali:

  • l’intestazione (in cui è indicato il Tribunale che emette il provvedimento);
  • l’indicazione delle parti e dei rispettivi procuratori;
  • la concisa esposizione dei motivi in fatto e diritto;
  • le conclusioni delle parti,
  • il dispositivo (ovvero la parte finale in cui è contenuta la decisione).

Tale atto assume efficacia esecutiva nei casi previsti dalla legge (articolo 474 del codice di procedura civile), consentendo l’esecuzione forzata della decisione.

In base all’articolo 324 del codice di procedura civile, la sentenza civile diventa irrevocabile quando non è più soggetta a impugnazioni ordinarie.

Pertanto, questo provvedimento giurisdizionale costituisce lo strumento attraverso cui l’ordinamento tutela i diritti soggettivi dei cittadini nelle controversie civili.


Differenze tra decreto ingiuntivo e sentenza civile

Sentenza civile e decreto ingiuntivo

Il decreto ingiuntivo rappresenta un provvedimento giudiziale dal carattere sommario su istanza di un soggetto che deve far valere un diritto certo, liquido ed esigibile.

Tale strumento consente al creditore di ottenere rapidamente un titolo esecutivo senza contraddittorio iniziale con il debitore.

La sentenza civile, diversamente, scaturisce da un procedimento ordinario caratterizzato dal pieno dispiegamento del contraddittorio tra le parti.

Nel procedimento ordinario, che culmina con l’emissione di una sentenza civile, il giudice esamina i documenti, le testimonianze e le argomentazioni di entrambe le parti.

Il decreto ingiuntivo offre maggiore celerità procedurale rispetto alla sentenza civile, costituendo la via preferenziale per crediti provati in via documentale.

Di conseguenza, i tempi di recupero giudiziale mediante decreto ingiuntivo risultano significativamente ridotti rispetto all’iter processuale ordinario.

Al contrario la sentenza civile garantisce un accertamento più approfondito e incontrovertibile del diritto di credito.

Pertanto, la scelta tra i due strumenti dipenderà dalla tipologia documentale a supporto del credito vantato.

Entrambi i provvedimenti costituiscono valide opzioni procedurali che si differenziano per tempi e modalità di contraddittorio.

Presupposti documentali: quando la prova è insufficiente

La solidità di un credito dipende dalla qualità della documentazione a suo supporto.

In ambito giudiziario, l’insufficienza probatoria conduce frequentemente al rigetto delle richieste processuali del creditore.

Una sentenza civile sfavorevole deriva spesso alla mancata produzione di un valido contratto sottoscritto dalle parti.

Analogamente, l’assenza di fatture regolarmente emesse può compromettere la posizione giuridica del creditore.

La corrispondenza commerciale, se frammentaria o non riconducibile con certezza alle parti, può essere considerata inadeguata dal Giudice.

Allo stesso modo le dichiarazioni testimoniali non supportate da riscontri documentali possono avere una limitata efficacia probatoria.

Nel corso dell’istruttoria, il magistrato valuterà l’attendibilità delle prove secondo regole tecniche codificate dal codice di rito e dalla giurisprudenza di legittimità.

La sentenza civile negativa rappresenta l’inevitabile esito di un’azione giudiziaria fondata su presupposti documentali carenti o inidonei a dimostrare l’esistenza del diritto di credito.

Ricorda che l’onere della prova grava interamente sul creditore.

Quest’ultimo dovrà munirsi preventivamente di idonea documentazione per tutelare efficacemente la propria pretesa in sede giudiziaria.

Tempistiche e costi processuali: sentenza civile e decreto ingiuntivo a confronto

Il recupero di un credito attraverso una causa giudiziale richiede alcune valutazioni economiche che possono risultare determinanti per decidere quale strategia seguire.

Il giudizio di cognizione, che si conclude con la sentenza civile, richiede tempistiche piuttosto dilatate, generalmente quantificabili in anni.

I costi processuali di tale procedura includono:

  • contributi unificati (ovvero le spese da versare allo stato italiano);
  • spese di notifica;
  • compensi professionali per l’avvocato costituito in giudizio;
  • eventuali oneri accessori (come il pagamento dei consulenti tecnici d’ufficio nominati nel giudizio).

Al contrario, il decreto ingiuntivo rappresenta uno strumento processuale caratterizzato da maggiore celerità.

Le spese per ottenere di un decreto ingiuntivo risultano sensibilmente inferiori rispetto a quelle necessarie per ottenere una sentenza civile.

Tali differenze economiche derivano principalmente dalla struttura semplificata del procedimento monitorio (ovvero il procedimento di ingiunzione).

In particolare, l’assenza di udienze multiple e attività istruttorie complesse determina un abbattimento dei costi legali.

La sentenza civile, d’altra parte, garantisce un accertamento giudiziale approfondito della controversia, che risolve definitivamente eventuali contestazioni del debitore.

Sentenza civile e trattativa stragiudiziale

L’ottenimento di una sentenza civile favorevole non preclude la possibilità di avviare una trattativa stragiudiziale con il debitore.

Questo percorso alternativo, spesso trascurato, presenta vantaggi concreti per entrambe le parti coinvolte nel contenzioso.

Il creditore, pur munito di titolo esecutivo (sentenza civile), può valutare l’opportunità di negoziare termini di pagamento dilazionati.

In tal modo sarà possibile evitare i costi e ridurre i tempi dell’esecuzione forzata, garantendo al contempo un recupero più celere del credito.

Per il debitore, d’altra parte, la trattativa post-sentenza rappresenta un’occasione per evitare le conseguenze pregiudizievoli dell’espropriazione.

La legge non ostacola tali accordi, anzi li favorisce nell’ottica deflattiva del contenzioso giudiziario.

Pertanto, anche dopo il passaggio in giudicato della sentenza civile, le parti mantengono piena autonomia negoziale.

La composizione bonaria della controversia rimane sempre percorribile, offrendo soluzioni pragmatiche rispetto alla rigidità dell’esecuzione giudiziale.


Il procedimento ordinario per ottenere una sentenza civile

Sentenza civile - procedimento ordinario

Quando il credito è fondato su una prova scritta il creditore può ottenere il titolo esecutivo in tempi rapidi avviando un giudizio speciale che prende in nome di procedimento monitorio (come stabilisce l’articolo 633 del codice di procedura civile).

Se invece la prova scritta del credito è assente, il creditore non potrà richiedere un decreto ingiuntivo e dovrà necessariamente avviare un processo di cognizione.

Questo giudizio è finalizzato a ottenere una sentenza civile che accerti l’esistenza del credito e condanni il debitore al pagamento.

Il processo di cognizione, infatti, è il procedimento giudiziario attraverso il quale un giudice accerta l’esistenza di un diritto e ne dichiara l’effettiva sussistenza con una sentenza (come stabiliscono gli articoli 163 e seguenti del codice di procedura civile).

Il giudizio si articola in più fasi e precisamente:

  • notifica e deposito della domanda giudiziale;
  • costituzione delle parti;
  • istruttoria (la fase in cui si valutano le prove);
  • decisione finale.

A differenza del procedimento monitorio il processo di cognizione prevede un contraddittorio completo tra le parti e un’attenta valutazione delle prove.

Per questo motivo i tempi di definizione del giudizio di cognizione sono più lunghi poiché il creditore dovrà dimostrare la legittimità della sua pretesa.

L’atto di citazione: elementi costitutivi e formulazione

L’atto di citazione è il documento processuale con cui il creditore (attore) avvia un giudizio ordinario nei confronti del debitore (convenuto), al fine di ottenere una sentenza civile che accerti l’esistenza del credito e ne disponga il pagamento.

Il contenuto dell’atto di citazione è espressamente disciplinato dall’articolo 163 del codice di procedura civile.

Il mancato rispetto delle formalità richieste può determinare l’invalidità dell’atto e l’improcedibilità della domanda.

In particolare gli elementi fondamentali che devono essere presenti nell’atto di citazione sono i seguenti:

  • Indicazione del tribunale competente: il tribunale che ha giurisdizione sulla causa;
  • Generalità delle parti: i dati anagrafici di entrambe le parti: il creditore (attore) e il debitore (convenuto);
  • Esposizione dei fatti: la narrazione precisa dei fatti che giustificano la domanda del creditore;
  • Motivi di diritto: i fondamenti giuridici della domanda, ovvero le norme che supportano la pretesa del creditore;
  • Conclusioni: le richieste chiare e specifiche che il creditore rivolge al giudice, come ad esempio la condanna del debitore al pagamento di una somma di denaro;
  • Vocatio in ius: l’invito al convenuto a comparire in tribunale nell’udienza fissata;
  • Indicazione del procuratore: l’avvocato che rappresenta il creditore, con il suo nome e il domicilio professionale;
  • Sottoscrizione dell’avvocato: la firma dell’avvocato che ha redatto l’atto di citazione.

Ogni punto indicato è essenziale per il corretto svolgimento del processo e per evitare che l’atto venga dichiarato nullo o inammissibile (come stabilisce l’articolo 164 del codice di procedura civile)

La notifica dell’atto di citazione al debitore segna l’inizio del processo e da questo momento in poi il convenuto ha il diritto di costituirsi entro i termini previsti, presentando le proprie difese.

La fase di trattazione e l’onere probatorio

Dopo la notifica dell’atto di citazione e la costituzione in giudizio del debitore, il giudice convoca le parti per l’udienza di trattazione (come stabilisce l’articolo 183 del codice di procedura civile).

In questa fase, il giudice definisce l’istruttoria e precisamente:

  • stabilisce le modalità e i termini per la produzione delle prove (documenti, testimoni, perizie);
  • dispone le udienze per la discussione della causa.

Il creditore espone la proprie richieste e illustra le prove a supporto del credito vantato, mentre il debitore presenta le proprie difese.

Il giudice può anche sollecitare una possibile conciliazione, ma la fase principale rimane quella della valutazione delle prove.

Infine, una volta completata l’istruttoria, il giudice chiede ad entrambe le parti di precisare le conclusioni e in seguito emette la sentenza che stabilisce se il creditore ha diritto o meno al pagamento.

L’onere della prova incombe sul creditore secondo il principio “onus probandi incumbit ei qui dicit” (che significa letteralmente “l’obbligo di portare le prove spetta a colui che afferma”) sancito dall’articolo 2697 del codice civile.

Tale regola impone al soggetto attivo del rapporto obbligatorio di dimostrare l’esistenza del credito vantato verso la controparte.

La prova del credito richiede l’esibizione di documentazione contrattuale, fatture, estratti conto e comunicazioni intercorse tra le parti.

Nel procedimento ordinario la fase istruttoria può protrarsi per mesi o anni con inevitabili ripercussioni sui tempi di recupero.

Il ruolo delle consulenze tecniche nel giudizio ordinario

Quando le prove documentali non sono sufficienti a chiarire determinati aspetti della controversia, il giudice può decidere di nominare un Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU) per fornire un parere oggettivo (come stabilisce l’articolo 191, comma 1, del codice di procedura civile).

Le parti, inoltre, possono avvalersi di un Consulente Tecnico di Parte (CTP) per supportare le proprie argomentazioni e contestare eventuali conclusioni avverse.

I consulenti tecnici sono professionisti con competenze specialistiche che intervengono nel processo civile per fornire valutazioni su aspetti che richiedono conoscenze tecniche, scientifiche o contabili.

Nel giudizio di cognizione, queste consulenze assumono particolare rilevanza, soprattutto in controversie di natura contabile, finanziaria o tecnica.

Se ad esempio il debitore contesta l’importo richiesto dal creditore, il giudice potrà nominare un un esperto contabile (come un commercialista) per elaborare una relazione tecnica che fornisca un parere qualificato sul tema.

Attraverso questo documento il creditore potrà chiarire la legittimità delle somme pretese, ricostruendo movimenti finanziari, tassi di interesse e eventuali aggiornamenti contabili.

L’acquisizione di perizie e relazioni tecniche può incidere significativamente sull’esito del processo e sulla decisione finale del giudice.


Strategie processuali per massimizzare le probabilità di successo

Sentenza civile - strategie processuali

Nel giudizio di cognizione l’assenza di una prova scritta del credito rende necessaria l’adozione di una strategia processuale mirata da parte del creditore.

Infatti è opportuno strutturare il processo sulla base di prove testimoniali, presunzioni e documenti integrativi che possono dimostrare l’esistenza del diritto.

La corretta combinazione di questi strumenti probatori può rafforzare la posizione del creditore e aumentare le possibilità di ottenere una sentenza civile di condanna nei confronti del debitore.

La produzione degli elementi di prova nel processo deve seguire un criterio logico e persuasivo, in modo da facilitare la ricostruzione dei fatti da parte del giudice.

Infatti la capacità di valorizzare ogni prova permette di rafforzare la pretesa creditoria anche in assenza di un titolo scritto.

Dettagli apparentemente secondari, come l’esistenza di pagamenti parziali o l’ammissione informale del debito da parte del debitore, possono assumere un peso determinante per convincere il giudice.

La costruzione dell’impianto probatorio in assenza di prova scritta

La sentenza civile di condanna a carico del debitore viene emessa quando il giudice ritiene fondata la richiesta avanzata dal creditore.

In assenza di prova scritta è necessario dimostrare con altri mezzi l’esistenza del diritto di credito.

Uno dei mezzi istruttori più comuni è rappresentato dalla prova testimoniale che può confermare l’accordo intercorso tra le parti e le modalità di esecuzione della prestazione.

Infatti la testimonianza di soggetti informati sui fatti costituisce il primo pilastro su cui edificare la pretesa creditoria.

Il legale del creditore dovrà selezionare accuratamente i testimoni che hanno avuto conoscenza dei rapporti commerciali intercorsi tra le parti.

I soggetti che hanno partecipato direttamente alla stipula dell’accordo (come ad esempio i dipendenti, i collaboratori o i soci dell’impresa) possono essere citati come testi.

Inoltre è possibile ricostruire la vicenda anche attraverso documentazione complementare, come email, messaggi, ordini di acquisto o registri contabili.

Questi documenti, pur avendo una minore forza probatoria (rispetto a un contratto firmato, di una cambiale o di una fattura), possono essere sfruttati per dimostrare l’esistenza di un accordo tra le parti.

Testimonianze e prove Indirette: valore ed efficacia

Nel giudizio di cognizione, le testimonianze e le prove indirette assumono un ruolo molto importante.

I racconti dei testimoni, se attendibili e coerenti, possono costituire una base fondamentale per supportare la pretesa del creditore.

Il giudice, infatti, valuta la credibilità dei testimoni e la loro capacità di ricostruire i fatti durante la fase istruttoria.

Le prove indirette, invece, sono quegli elementi di prova che, pur non essendo direttamente legati all’evento da dimostrare, possono comunque supportare e rafforzare la tesi del creditore nel corso di un giudizio.

Un esempio tipico di prova indiretta sono le email, i messaggi di testo, gli ordini di acquisto, le registrazioni contabili o altre forme di comunicazione che possono confermare o suggerire la veridicità di un’affermazione.

Il creditore, infatti, può esibire una serie di ricevute che mostrano una sequenza di pagamenti regolari da parte del debitore per beni o servizi forniti.

In un processo civile, soprattutto quando non si dispone di una prova scritta certa, le prove indirette sono fondamentali per rafforzare la pretesa del creditore e per contribuire alla formazione del convincimento del giudice.

L’importanza delle comunicazioni commerciali pregresse

Le comunicazioni commerciali scambiate tra il creditore e il debitore durante il periodo di collaborazione rappresentano delle prove atipiche molto utili per comprendere l’evoluzione del rapporto contrattuale.

Questi documenti possono assumere rilevanza giuridica, soprattutto in caso di controversie, poiché contribuiscono a dimostrare l’esistenza, il contenuto e i termini di un relazione controversa.

In particolare la corrispondenza email, le pec, le lettere e in genere tutti i messaggi scambiati tra il creditore ed il debitore (anche a mezzo chat con applicazioni di messaggistica istantanea come WhatsApp) hanno un importante valore probatorio all’interno del giudizio di cognizione.

In particolare una semplice email (sebbene non offra le stesse garanzie legali di una pec) può costituire un principio di prova se supportata da elementi idonei a confermarne l’autenticità (come confermato dall’ordinanza n. 25131/2024 della Corte di Cassazione).

Ai sensi dell’articolo 2712 del Codice Civile, l’email rientra tra le riproduzioni informatiche e, in quanto tale, può avere valore probatorio nei procedimenti giudiziari.

Se il debitore contesta la provenienza o il contenuto dell’email, spetterà al creditore dimostrare la genuinità del messaggio.


Conclusione

La corretta conservazione del materiale probatorio rappresenta un elemento determinante per l’ottenimento di una sentenza civile favorevole.

Il successo di un procedimento giudiziario dipende essenzialmente dalla qualità e completezza dei documenti prodotti dalla parte attrice.

Nel corso di un giudizio di cognizione, il giudice valuterà la coerenza tra le richieste processuali e le prove contenute nel fascicolo processuale.

Pertanto la diligente raccolta e custodia documentale diventa presupposto imprescindibile per il riconoscimento delle pretese creditorie.

Un apparato probatorio lacunoso compromette inevitabilmente le possibilità di ottenere una sentenza civile di condanna.

La giurisprudenza conferma che l’onere della prova grava sul creditore che agisce in giudizio.

Di conseguenza una corretta produzione delle evidenze documentali e testimoniali del diritto di credito determinerà l’esito della controversia.

Per questo motivo ti consiglio di documentare ogni fase del rapporto di collaborazione con la controparte sin dalla sua costituzione.

Un’accurata gestione della documentazione aumenta notevolmente le probabilità di ottenere una pronuncia giurisdizionale favorevole e semplifica il recupero di un credito insoluto.

Sentenza civile e decreto ingiuntivo - differenze - grafico


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La cambiale: introduzione

La cambiale è uno strumento giuridico che può essere utilizzato per garantire l’adempimento di obbligazioni pecuniarie derivanti da forniture di beni o prestazioni di servizi.

Questo titolo di credito rappresenta un documento molto prezioso per l’attività di recupero.

La cambiale, infatti, attribuisce al creditore un diritto certo, liquido ed esigibile sul credito vantato.

Se possiedi questo documento e la controparte non effettua il pagamento del tuo lavoro, potrai avviare l’attività esecutiva attraverso una procedura più celere rispetto all’ordinario processo civile.

Infatti, in presenza di una cambiale (che possiede determinati requisiti) non è necessario rivolgersi all’autorità giudiziaria per ottenere un titolo esecutivo.

Tuttavia è necessario compilare correttamente la cambiale e conservarla fino alla scadenza.

Eventuali errori formali potrebbero renderla invalida.

Nei prossimi paragrafi ti illustrerò come sfruttare le potenzialità di questo strumento e quali strategie adottare per recuperare più velocemente un credito insoluto.

Prima di proseguire voglio spiegarti alcuni concetti fondamentali.

La cambiale: definizione

La cambiale è un titolo di credito che attribuisce al legittimo possessore il diritto di ottenere il pagamento della somma indicata, alla scadenza e nel luogo in essa previsti (R.D. n. 1669/1933, c.d. Legge Cambiaria).

Il legislatore ha configurato questo strumento come documento formale dotato di efficacia esecutiva diretta.

La legge cambiaria, infatti, regola l’emissione e l’esecuzione della cambiale, stabilendo precise condizioni di validità.

Esistono due principali tipologie di cambiali:

  • il pagherò cambiario;
  • la cambiale tratta.

Nel pagherò, l’emittente si impegna personalmente al versamento della somma indicata.

La cambiale tratta, invece, contiene l’ordine rivolto a un terzo di pagare al beneficiario l’importo stabilito.

In caso di mancato adempimento, il creditore ha diritto di agire nei confronti dell’emittente per il recupero della somma dovuta.

Il principale tipo di cambiale utilizzato dagli imprenditori per garantire il pagamento è il “pagherò cambiario”.

Questo strumento è particolarmente consigliato per la sua semplicità, flessibilità e capacità di garantire il diritto di credito senza troppe formalità.

Infatti, il pagherò cambiario è un titolo di credito unilaterale, emesso dal debitore, che si impegna a pagare una somma di denaro al beneficiario alla scadenza concordata.

La cambiale: elementi essenziali

La cambiale deve essere redatta in forma scritta e deve contenere alcune informazioni essenziali.

La sua validità dipende dall’accuratezza di tali elementi; qualsiasi omissione o errore può invalidare il titolo (come stabilisce l’articolo 2 del R.D. n. 1669/1933, c.d. Legge Cambiaria).

L’articolo 100 della Legge Cambiaria elenca i requisiti essenziali del vaglia cambiario, che sono i seguenti:

  • la denominazione di vaglia cambiario o pagherò inserita nel contesto del titolo;
  • la promessa incondizionata di pagare una somma determinata;
  • l’indicazione della scadenza;
  • l’indicazione del luogo di pagamento;
  • il nome del beneficiario al quale dovrà essere effettuato il pagamento;
  • l’indicazione della data e del luogo dove il vaglia è emesso;
  • la sottoscrizione di colui che emette il titolo.

L’elemento distintivo della cambiale è la promessa di pagamento che deve essere redatta in modo chiaro e inequivocabile.

Tale indicazione consiste nell’impegno formale del debitore a versare una determinata somma di denaro alla scadenza stabilita in favore di un beneficiario.

La promessa di pagamento si distingue dall’ordine di pagamento, che è proprio della cambiale tratta.

Nel caso del pagherò cambiario, infatti, il debitore non sta effettuando un ordine a terzi di effettuare il pagamento, ma sta assumendo un impegno diretto e personale verso il beneficiario.

La cambiale: soggetti coinvolti

L’emissione di una cambiale coinvolge diversi soggetti, ciascuno con specifiche responsabilità giuridiche.

Nel vaglia cambiario gli individui interessati sono l’emittente e il beneficiario.

L’emittente assume l’obbligo diretto di pagare la somma indicata nella cambiale alla scadenza prefissata.

Il beneficiario, invece, rappresenta il creditore legittimato a ricevere il pagamento specificato nel titolo.

Il rapporto tra emittente e beneficiario si fonda su un vincolo obbligatorio diretto e formale che si caratterizza per la sua certezza giuridica.

In primo luogo, questo vincolo è diretto, poiché l’emittente si impegna personalmente e senza condizioni a pagare una somma di denaro al beneficiario alla scadenza stabilita.

Inoltre, il vincolo è formale, in quanto l’impegno di pagamento è espresso in un documento scritto che rappresenta una prova legale del credito.

A volte la cambiale può essere sottoscritta da un soggetto terzo (avallante) oppure può essere firmata da un garante.

In questi casi i soggetti “aggredibili” sono due:

  • debitore principale;
  • firmatario della cambiale.

La formalità della cambiale e l’individuazione dei soggetti obbligati la rende uno strumento affidabile e sicuro per le transazioni commerciali.

La cambiale: azione diretta contro il debitore

La cambiale rientra tra i titoli esecutivi elencati dall’articolo 474, n. 2, del codice di procedura civile.

Questo strumento consente al creditore di avviare direttamente l’esecuzione forzata nei confronti del debitore inadempiente.

La legge, infatti, in presenza di determinate condizioni, attribuisce alla cambiale efficacia esecutiva immediata senza necessità di un preventivo accertamento giudiziale.

In particolare la condizione indispensabile per qualificare la cambiale come titolo esecutivo, è la presenza dell’imposta di bollo posta sul retro (secondo le modalità previste dal D.P.R. n. 642/1972, Allegato A, articolo 6).

Tale caratteristica distingue questo titolo di credito dai comuni documenti commerciali privi di forza esecutiva.

In questi casi il creditore può avviare il pignoramento mobiliare o immobiliare con la sola notifica del precetto risparmiando tempo e costi.

Il beneficiario della cambiale, infatti, non dovrà agire in giudizio per chiedere al giudice di riconoscere il suo diritto di credito.

In particolare non sarà necessario ottenere un decreto ingiuntivo o un altro provvedimento giudiziario come la sentenza.

Se sei creditore in base a una cambiale potrai direttamente notificare un atto di precetto al debitore velocizzando il recupero del tuo credito.

Questo vantaggio processuale si traduce in maggiore celerità e migliore gestione dei flussi finanziari aziendali.

La rapidità dell’azione esecutiva azionata in forza di cambiale, infatti, rappresenta uno strumento strategico per l’equilibrio finanziario della tua impresa.


La cambiale nel credit management

La cambiale - credit management

La cambiale costituisce una risorsa preziosa per le attività di credit management.

L’imprenditore può ridurre significativamente la percentuale di insoluti attraverso una politica commerciale basata su garanzie cambiarie.

Infatti, l’introduzione di questo titolo nei rapporti commerciali rafforza il potere contrattuale del creditore e produce un effetto deterrente verso comportamenti dilatori dei debitori.

Il cliente che accetta di sottoscrivere una cambiale (emittente) potrebbe mostrare maggiore puntualità nei pagamenti.

A differenza di una fattura, che può essere oggetto di contestazioni o ritardi, la cambiale impone una scadenza precisa.

Il debitore dovrà essere informato che, in caso di mancato pagamento, il creditore potrà avviare rapidamente un’esecuzione forzata.

Questo meccanismo riduce la possibilità di ritardi e incentiva il rispetto dei termini pattuiti.

Inoltre la sottoscrizione di una cambiale potrebbe rappresentare un segnale di maggiore affidabilità della controparte.

Pertanto un uso strategico della cambiale ti aiuterà a effettuare una profilazione mirata dei clienti e potrebbe aiutarti a prevenire le crisi di insolvenza.

La cambiale: impatto sul DSO

La cambiale offre vantaggi concreti per i crediti commerciali e le transazioni che prevedono dilazioni di pagamento.

Infatti l’utilizzo corretto di questo strumento produce molteplici benefici:

  • aiuta a mantenere stabile il cash flow;
  • permette di pianificare le entrate con regolarità;
  • consente di ridurre i crediti insoluti.

L’effetto deterrente della cambiale ha un impatto diretto sulla riduzione del DSO (Days Sales Outstanding), ossia il tempo medio di incasso dei crediti aziendali.

Quando un soggetto sottoscrive una cambiale, si impegna formalmente a rispettare la scadenza di pagamento.

La possibilità di avviare un’azione esecutiva immediata in caso di inadempimento crea una pressione psicologica che spinge il debitore a saldare tempestivamente il proprio debito.

Questo comportamento riduce i tempi di incasso e, di conseguenza, il DSO aziendale.

Un DSO più basso aiuta l’impresa a mantenere una maggiore liquidità che potrà essere utilizzata per finanziare ulteriori attività.

In ogni caso prima di utilizzare un titolo cambiario per il recupero del tuo credito, devi distinguere alcuni casi fondamentali.

Cambiale scaduta da meno di tre anni

La cambiale mantiene la sua efficacia esecutiva per tre anni dalla data di scadenza (secondo quanto previsto dall’articolo 63 del R.D. n. 1669/1933, c.d. Legge Cambiaria).

Pertanto, se la cambiale è scaduta da meno di tre anni è possibile avviare direttamente l’esecuzione forzata (articolo 94 del R.D. n. 1669/1933, c.d. Legge Cambiaria) notificando il precetto.

Quest’ultimo è un atto con cui si intima al debitore di adempiere all’obbligazione entro un termine stabilito, minacciando l’esecuzione forzata in caso di mancato pagamento (come stabilisce l’articolo 480 del codice di procedura civile).

Di solito, per avviare un’azione esecutiva nei confronti di un debitore, è necessario ottenere un titolo esecutivo (come un decreto ingiuntivo, una sentenza o altri provvedimenti del giudice previsti dall’articolo 474 del codice di procedura civile).

Ottenere un titolo esecutivo può richiedere tempi lunghi e dispendio di risorse economiche.

Tuttavia la cambiale rappresenta un’eccezione significativa a questa regola generale.

Se la cambiale è scaduta da meno di tre anni, il creditore può procedere direttamente alla notifica del precetto senza la necessità di ottenere preventivamente un ulteriore titolo esecutivo.

Tale procedimento abbreviato costituisce un vantaggio rilevante rispetto ai crediti ordinari.

Ricorda inoltre che, se la cambiale è protestata, nell’atto di precetto dovrai inserire anche le spese di protesto.

Di conseguenza il termine di tre anni decorrerà dal giorno successivo alla data del protesto.

Cambiale pro solvendo

L’efficacia esecutiva della cambiale è più breve se il documento contiene le parole “pro solvendo”.

In questi casi è possibile notificare direttamente l’atto di precetto entro un anno dalla scadenza.

L’espressione “pro solvendo” significa che la cambiale viene emessa come mezzo di pagamento condizionato.

Pertanto il debito sottostante non si estingue immediatamente con la consegna del titolo e il debitore non è liberato finché la cambiale non viene incassata.

L’ espressione “pro soluto”, invece, implica che, consegnando la cambiale, il debitore viene immediatamente liberato dall’obbligazione principale, a meno che non sia stato stabilito diversamente.

Il creditore deve quindi verificare attentamente la presenza della clausola “pro solvendo” sulle cambiali ricevute.

La riduzione temporale da tre anni a uno comporta la necessità di monitorare con maggiore frequenza le scadenze.

Di conseguenza, l’azione esecutiva deve essere pianificata con tempestività per evitare la perdita dell’efficacia esecutiva del titolo.

La differenza, apparentemente formale, produce quindi effetti sostanziali sulla tutela del credito aziendale.

Cambiale scaduta da più di tre anni

Se la cambiale è scaduta da più di tre anni non è possibile notificare subito l’atto di precetto.

In questo caso è necessario ottenere un titolo esecutivo e cioè un decreto ingiuntivo.

Infatti la cambiale perde la sua efficacia esecutiva una volta trascorsi tre anni dalla data di scadenza originaria.

Il termine triennale rappresenta un confine giuridico per l’avvio dell’esecuzione forzata mediante precetto.

Dopo tre anni dalla scadenza, il creditore dovrà ottenere un nuovo titolo esecutivo prima di procedere in via esecutiva.

In questo caso sarà necessario presentare in tribunale un ricorso insieme al titolo cambiario.

Infatti la cambiale scaduta potrà essere utilizzata come prova scritta del credito nel procedimento di ingiunzione e potrà consentire di ottenere la provvisoria esecuzione del decreto (come prevede l’articolo 642 del codice di procedura civile).

Il giudice, verificata la fondatezza della pretesa, emetterà il decreto che costituirà la base per la successiva notifica del precetto.

Pluralità di cambiali non ancora scadute

Se il debitore ha firmato due o più cambiali, alcune delle quali non sono ancora scadute, prima di notificare l’atto di precetto sarà necessario inviare una diffida per richiedere il pagamento del debito.

All’interno di questo documento dovrà essere comunicata la “decadenza dal beneficio del termine” con riferimento alla cambiali che dovranno scadere (come previsto dall’articolo 1186 del codice civile e dall’articolo 94 del R.D. n. 1669/1933, c.d. Legge Cambiaria).

In altre parole, se il debitore è inadempiente, e non effettua il pagamento dell’importo dovuto, decade dal beneficio di pagare il suo debito a rate.

La comunicazione di “decadenza dal beneficio del termine” serve proprio a questo, cioè a revocare il beneficio di effettuare pagamenti dilazionati nei confronti del firmatario.

In questo modo, qualora il debitore continuerà a essere inadempiente, sarà possibile precettare tutte le cambiali (sia quelle che sono scadute, sia quelle che non sono scadute).

Ricorda inoltre che la cambiale si prescrive nel termine di 10 anni dalla sua scadenza (ai sensi di quanto previsto dall’articolo 2946 del codice civile).

Per questo motivo ti consiglio di monitorare periodicamente la scadenza del tuo titolo cambiario.

Se la cambiale è prossima alla scadenza, provvedi a notificare un atto giudiziario oppure un atto di messa in mora per interrompere la prescrizione del tuo credito.


Conclusione

La cambiale rappresenta uno strumento prezioso per la gestione dei crediti commerciali.

In alcuni casi il titolo cambiario consente al creditore di avviare un’azione esecutiva, senza dover ottenere un titolo giudiziale.

Questa caratteristica rende la cambiale particolarmente utile per preservare la liquidità di cassa e garantire sicurezza nelle transazioni.

Inoltre il titolo cambiario può essere utilizzato come strumento di garanzia poiché rafforza il diritto di credito e riduce il rischio di inadempimenti.

Tuttavia, per un corretto utilizzo della cambiale, è necessario monitorare periodicamente la sua scadenza e intervenire per conservare la sua efficacia.

Se hai intenzione di sfruttare i titoli cambiari nella tua organizzazione, ti consiglio di fornire un’adeguata formazione al personale che si occuperà della custodia e conservazione.

In questo modo potrai rafforzare la tua posizione creditoria e prevenire il rischio di insolvenza.

La cambiale - benefici per la gestione dei crediti


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Minimo vitale - copertina

Minimo vitale: introduzione

Il minimo vitale può costituire un ostacolo all’avvio dell’attività esecutiva ed è collegato al pignoramento della pensione.

Si tratta di un argomento importante che può vanificare i tuoi sforzi di recupero, rendendo antieconomica l’attività giudiziale.

Infatti nel caso in cui non sia possibile ottenere il pagamento spontaneo del credito insoluto, è possibile pignorare i redditi periodici della controparte (come stipendio o pensione).

Tuttavia il reddito da pensionamento non è pignorabile per intero e la legge prevede che solo una parte può essere destinata a soddisfare il creditore in sede processuale.

In questo articolo ti spiegherò come calcolare in anticipo il minimo vitale e quando conviene pignorare la pensione del debitore.

Se il reddito periodico percepito dalla controparte è troppo esiguo dovrai individuare delle strategie alternative di recupero per risolvere la tua crisi finanziaria.

Ma prima di proseguire voglio fornirti alcune definizioni preliminari.

Minimo vitale: definizione

Il minimo vitale è la soglia minima di reddito necessaria per garantire a un individuo il soddisfacimento dei bisogni fondamentali.

Se il debitore è pensionato la legge stabilisce che solo una parte della pensione può essere trattenuta per il recupero del credito.

Infatti il minimo vitale rappresenta una quota impignorabile della pensione, che non può essere colpita dall’azione esecutiva e che rimane nella disponibilità del debitore.

In particolare il reddito da pensione può essere erogato in favore di individui di età avanzata e in alcuni casi tale cifra potrebbe rappresentare l’unica fonte di sostentamento per il soggetto che ne beneficia.

Per questo motivo la legge ha introdotto l’istituto del minimo vitale, al fine di assicurare una vita dignitosa ai cittadini che percepiscono tale emolumento.

L’attività esecutiva deve tutelare le esigenze del creditore ma deve tenere conto dell’impatto sociale ed etico che il pignoramento può avere sulla vita quotidiana della parte debitrice.

Pertanto il minimo vitale rappresenta una possibile “minaccia” da conoscere e prevenire per una corretta gestione dei crediti insoluti.

Per mitigare i rischi di insolvenza è importante effettuare una valutazione preliminare sulle fonti di reddito percepite dai futuri clienti.

In particolare se la controparte è una persona fisica in età avanzata o titolare di impresa individuale, l’analisi previsionale sulla sua solidità economica può aiutare a prevenire eventuali crisi finanziarie.

Minimo vitale: il pignoramento della pensione

Il minimo vitale e il pignoramento della pensione sono due argomenti spesso collegati tra di loro.

Il pignoramento della pensione è una procedura esecutiva che consente a un creditore di recuperare il credito attraverso il prelievo forzoso di una parte della pensione percepita dal debitore.

Questa forma di pignoramento rientra nella categoria del pignoramento presso terzi che si avvia quando il debitore ha crediti o beni che non sono direttamente nella sua disponibilità ma sono detenuti da un terzo.

Nel caso delle pensioni il terzo è rappresentato dall’INPS (Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale).

La pensione non può essere pignorata per intero ma devono essere rispettati dei limiti per permettere al beneficiario di vivere in condizioni di stabilità economica.

Se il debitore percepisce una pensione è possibile sottoporre a pignoramento solo la somma eccedente il minimo vitale.

Nel prossimo paragrafo ti spiegherò quali sono le soglie da rispettare per calcolare in modo corretto il minimo vitale.

Assegno sociale 2025

Il minimo vitale è un importo che la legge considera impignorabile per garantire al pensionato un’esistenza dignitosa e corrisponde alla misura dell’assegno sociale aumentata del doppio (come stabilisce l’articolo 545, comma 7, del codice di procedura civile).

Tale prestazione economica viene erogata dall’INPS ai soggetti che si trovano in situazioni economiche difficili e non percepiscono un reddito sufficiente per il proprio sostentamento.

L’ammontare dell’indennità può variare di anno in anno perché è soggetto alla rivalutazione annuale dei prezzi al consumo effettuata dall’Istat (Istituto Nazionale di Statistica).

Nel 2025 l’importo dell’assegno sociale è pari a euro 538,69.

Il doppio di tale valore è pari a euro 1.077,38 e corrisponde alla quota impignorabile.

Pertanto è necessario tenere in considerazione questo limite e calcolare il residuo che potrà essere pignorato prima di avviare l’attività esecutiva.

Minimo vitale: esempio pratico

Per spiegarti meglio l’istituto giuridico del minimo vitale voglio fornirti un esempio pratico.

Se il debitore percepisce una pensione di euro 2.000,00 dovrai sottrarre da questo importo il mimino vitale (impignorabile) che è pari ad euro 1.077,38.

Il risultato di questa sottrazione è pari a euro 922,62.

Di conseguenza il creditore potrebbe “aggredire” soltanto la somma residua ottenuta dopo il calcolo (euro 922,62).

In seguito sarà necessario calcolare l’importo che potrà essere assegnato in caso di pignoramento.

Infatti la legge consente di pignorare fino a 1/5 (un quinto) della parte eccedente il minimo vitale (come stabilisce l’articolo 545, comma 4, del codice di procedura civile).

Pertanto la quota che potrebbe essere assegnata al creditore potrebbe essere pari a euro 184,52 (a condizione che non vi siano precedenti pignoramenti già gravanti sulla pensione del debitore).

Minimo vitale: nuovo limite

Di recente il legislatore ha introdotto la soglia minima di euro 1.000,00 anche nel caso in cui il doppio dell’assegno sociale risultasse inferiore a questa cifra (come stabilisce l’articolo 545, 7° comma del codice di procedura civile).

In altre parole, la pensione non può essere pignorata fino a euro 1.000,00 qualunque sia il valore dell’assegno sociale.

Ti fornisco un esempio pratico.

Se in un determinato anno futuro (rispetto all’anno attuale), una persona dovesse percepisce una pensione pari a 1.500,00 euro al mese e il doppio dell’assegno sociale dovrebbe essere pari (per quell’anno) a euro 900,00, allora il limite di impignorabilità si eleverebbe fino a 1.000,00 euro.

Infatti, proseguendo nell’esempio, sulla pensione pari a euro 1.500,00 solo la parte eccedente la cifra di euro 1.000,00 (cioè euro 500,00) potrebbe essere soggetta a pignoramento.

Di conseguenza il creditore potrebbe pignorare solo 1/5 (un quinto) di euro 500,00 e cioè la cifra di euro 100,00.

Pertanto in questo esempio (che ti ho fornito solo per spiegarti meglio come effettuare i calcoli), il minimo vitale impignorabile sarebbe maggiore rispetto al doppio dell’assegno sociale (poiché la legge ha fissato il limite di euro 1.000,00 a maggior tutela del debitore).

Riforma Cartabia

Il superiore limite è stato introdotto dalla Riforma Cartabia (approvata con la legge n. 134-2021) con l’obiettivo di garantire ai pensionati un reddito minimo essenziale a prescindere dal valore dell’assegno sociale (che è mutevole e cambia ogni anno in base alle indicazioni fornite dall’INPS).

Tuttavia ricorda che nel 2025 il doppio dell’assegno sociale è già superiore a euro 1.000,00 (ed è pari a euro 1.077,38).

Pertanto la quota impignorabile da detrarre dovrà essere maggiore rispetto all’importo di euro 1.000,00 (soglia indicata dall’articolo 545, comma 7, del codice di procedura civile).

Grazie a questi parametri è possibile effettuare delle proiezioni di incasso per orientare l’attività esecutiva verso scelte consapevoli e vantaggiose.

Minimo vitale: la pensione sul conto

Il calcolo del minimo vitale impignorabile cambia ulteriormente nei casi in cui la pensione viene accreditata sul conto corrente del debitore.

Il pignoramento del conto corrente è uno strumento giuridico utilizzato per bloccare i fondi del debitore inadempiente al fine di soddisfare il credito vantato dal creditore.

Tale procedura esecutiva è regolata dall’articolo 543 del codice di procedura civile, il quale disciplina il procedimento di pignoramento presso terzi.

Se l’importo della pensione è stato già accreditato sul conto corrente del debitore prima dell’avvio del pignoramento, è possibile trattenere solo un quinto della somma che supera il triplo dell’assegno sociale (come stabilisce l’articolo 545, comma 8, del codice di procedura civile).

Questo importo (misura dell’assegno sociale moltiplicata per tre) nell’anno 2025 è pari a euro 1.616,07.

Ti fornisco un esempio pratico.

Se il debitore ha un saldo positivo di euro 2.500,00 euro sul conto corrente, il pignoramento iniziale si applicherà solo sulla parte eccedente questa soglia ([euro 2.500,00] meno [euro 1.616,07]) che è pari a euro 883,93.

Di conseguenza, l’importo pignorabile sarà un quinto di euro 883,93, ossia euro 176,79 (a condizione che non vi siano precedenti pignoramenti già gravanti sulla pensione del debitore).


Minimo vitale: quando conviene il pignoramento

Minimo vitale - quando conviene il pignoramento

Se il debitore si trova in condizioni economiche precarie il pignoramento può rivelarsi una soluzione poco vantaggiosa.

La procedura esecutiva non sempre permette al creditore di recuperare il credito in modo soddisfacente.

Infatti per rispettare la legge ed evitare inutili costi giudiziari è necessario individuare in anticipo quale sarà la somma mensile effettivamente recuperabile.

Se l’importo della pensione percepita dal debitore è troppo esiguo il creditore potrebbe incassare una cifra ridotta e l’avvio della procedura esecutiva potrebbe risultare non profittevole.

In questo caso le spese legali e le tempistiche necessarie per ottenere un’ordinanza di assegnazione potrebbero non giustificare gli sforzi rispetto al reale beneficio economico.

Pertanto, prima di intraprendere azioni esecutive è utile analizzare la sua situazione finanziaria e reddituale della controparte per capire qual è la strategia migliore da adottare.

Minimo vitale: indagini preliminari

Il minimo vitale costituisce un limite che può essere superato effettuando delle indagini patrimoniali sulla solvibilità del debitore.

Queste analisi preliminari assumono molta importanza quando il creditore decide di avviare l ‘attività esecutiva a causa delle soglie di impignorabilità prevista dalla legge.

Infatti non è conveniente avviare un’azione di recupero su una sola fonte di reddito (pensione) perché quest’ultima è parzialmente protetta.

Le indagini patrimoniali permettono di fornire una visione completa della situazione economica del debitore e di individuare tutte le fonti di reddito o l’elenco di beni (mobili o immobili) che potranno essere pignorati.

Queste informazioni consentono al creditore di pianificare l’attività di recupero del credito e stabilire quali risorse finanziarie potranno essere effettivamente aggredite per soddisfare il credito.

In questo modo il creditore può esaminare in anticipo le prospettive di incasso ed evitare spreco di risorse.

Minimo vitale: esame del cedolino 

Il minimo vitale impignorabile può essere calcolato esaminando il cedolino della pensione percepita dal debitore.

Questo documento riassume tutti i dettagli relativi al pagamento della pensione e viene predisposto dall’INPS o da altri enti previdenziali.

Il cedolino contiene diverse voci che spiegano come viene calcolato l’importo erogato al pensionato.

In particolare il documento contiene l’indicazione delle seguenti voci:

  • importo lordo della pensione;
  • importo delle trattenute fiscali e contributive;
  • importo delle eventuali ritenute (come la cessione del quinto o precedenti pignoramenti);
  • importo netto accreditato al debitore.

L’analisi dettagliata del cedolino permette di verificare se l’ammontare della quota pignorabile della pensione è sufficiente per avviare l’attività esecutiva.

Tale valutazione dovrà essere effettuata detraendo il minimo vitale impignorabile dal totale percepito dal debitore.

Minimo vitale: il calcolo

Per calcolare il minimo vitale e determinare la quota pignorabile è necessario individuare l’ammontare netto della pensione.

Tale cifra si ottiene sottraendo dall’importo lordo una serie di voci presenti all’interno del cedolino come ad esempio:

  • i contributi previdenziali;
  • le imposte;
  • le detrazioni per carichi di famiglia;
  • le trattenute per prestiti o altri pignoramenti.

Il risultato ottenuto da questa operazione (il cosiddetto “netto”) è l’emolumento effettivo che il pensionato percepisce ogni mese sul conto corrente e sul quale verrà calcolata la quota pignorabile.

Una volta determinato il “netto”, il passo successivo è confrontarlo con il minimo vitale, il cui ammontare varia ogni anno per equilibrare il trattamento pensionistico alla variazione dei prezzi dei beni di consumo.

L’importo pignorabile è risultato ottenuto dalla sottrazione tra pensione netta e minimo vitale.

Quest’ultima cifra dovrà essere divisa in 5 per individuare il quinto (1/5) pignorabile secondo i parametri previsti dalla legge.

Minimo vitale: età del debitore e risk management

La tutela del minimo vitale può ostacolare l’attività esecutiva e assume rilevanza quando il debitore è anziano.

Nella gestione dei rapporti commerciali l’età del cliente è un fattore che può essere sottovalutato ma che invece diventa significativo in caso di insolvenza.

Il creditore, nella valutazione del rischio creditizio (risk management)dovrebbe tenere conto anche del profilo anagrafico dei futuri clienti poiché la loro età potrebbe fornire indicazioni sulla capacità economica di saldare i debiti.

Se il debitore ha un’età al di sotto dei 50 anni, si trova in una fase intermedia della vita lavorativa, condizione che accresce le possibilità di guadagnare emolumenti e accumulare risparmi.

Al contrario, una controparte che percepisce una pensione di vecchiaia potrebbe disporre di un reddito insufficiente per il recupero del credito a causa della tutela del minimo vitale.

In questi casi è preferibile offrire soluzioni di pagamento più brevi (senza concedere troppo dilazioni) per minimizzare il rischio di insolvenza ed evitare l’avvio di azioni esecutive infruttuose.

Un’altra soluzione potrebbe essere richiedere maggiori garanzie o il coinvolgimento di un coobbligato più giovane che possa ridurre il rischio di insolvenza.


Minimo vitale: alternative al pignoramento della pensione

Minimo vitale - alternative al pignoramento della pensione

La tutela del minimo vitale può rendere il pignoramento della pensione poco conveniente o addirittura antieconomico.

In alcuni casi è preferibile non avviare questo tipo di esecuzione soprattutto se il debitore percepisce un importo mensile molto esiguo.

Tale circostanza può mettere in crisi il creditore poichè influisce in modo negativo sul flusso di cassa e riduce la liquidità disponibile per far fronte alle necessità aziendali.

Il pignoramento della pensione è una delle opzioni disponibili per il recupero del credito ma non è l’unico rimedio a disposizione del creditore.

Anche se non è possibile agire direttamente sulla pensione del debitore il credito è giuridicamente valido e l’obbligazione di pagamento esigibile.

Il creditore ha ancora il diritto di recuperare le somme dovute ma potrà optare per soluzioni alternative più efficaci.

Pignoramento del garante

Quando il minimo vitale rende la pensione impignorabile è possibile verificare se il debito è assistito da una garanzia personale.

Il garante, infatti, è colui che risponde dell’adempimento di un debito altrui obbligandosi personalmente verso il creditore (come stabilisce l’articolo 1936 del codice civile).

Tale soggetto è una persona fisica che si impegna a soddisfare il debito dell’obbligato principale qualora quest’ultimo non sia in grado di farlo.

Pertanto la presenza di un secondo debitore (anche definito “coobbligato”) aumenta le probabilità di recupero integrale del credito.

In questo modo se il pignoramento della pensione risulta antieconomico a causa del minimo vitale, il creditore può rivolgersi al garante.

Quest’ultimo, infatti, risponde del debito con tutto il suo patrimonio (garanzia personale) a meno che non vi siano particolari limitazioni o protezioni sui redditi.

L’inserimento di clausole di garanzia è uno dei primi passi che un imprenditore può compiere per rafforzare la sua posizione nell’accordo commerciale.

Tali clausole, infatti, consentono al creditore di ampliare la responsabilità sulle obbligazioni di pagamento in modo che vi siano più soggetti a cui richiedere l’adempimento.

Pignoramento immobiliare

Se l’importo pignorabile della pensione è troppo esiguo (a causa del minimo vitale) allora il creditore potrà valutare di recuperare il credito tramite un’esecuzione immobiliare.

Attraverso questo giudizio si procede con la vendita forzata degli immobili del debitore e il ricavato dell’asta verrà utilizzato per soddisfare i creditori.

La decisione di avviare un pignoramento immobiliare dipende soprattutto dall’entità del credito.

Se tale importo è esiguo, potrebbe non essere conveniente procedere in questa direzione poiché i costi legati alla procedura (spese e compensi legali) potrebbero risultare troppo onerosi.

Di solito, il pignoramento immobiliare viene considerato una soluzione efficace quando l’importo del credito è abbastanza alto da giustificare l’investimento di tempo e denaro per avviare l’esecuzione.

Infatti, prima di procedere è utile effettuare delle ispezioni ipotecarie per valutare lo stato giuridico dell’immobile e verificare se sono presenti altre ipoteche o formalità pregiudizievoli sul bene.

Se l’immobile è privo di gravami e il suo valore è sufficientemente alto, potrebbe essere utile iscrivere un’ipoteca giudiziale e avviare successivamente il pignoramento.

Tuttavia, se sull’immobile esistono ipoteche preesistenti e il suo valore commerciale non è molto alto, potrebbe essere più prudente evitare l’iscrizione dell’ipoteca.

Accordo transattivo

Se l’importo pignorabile della pensione è troppo esiguo (a causa del minimo vitale) allora è possibile avviare una trattativa stragiudiziale con il debitore.

In questo modo è possibile definire la controversia e trovare una soluzione condivisa, rinunciando a una parte delle proprie pretese.

Infatti, anche se una quota della pensione è protetta e non pignorabile, il debitore potrebbe formulare un’offerta transattiva al fine di estinguere il proprio debito.

In questi casi, piuttosto che procedere con azioni legali complesse e costose, potrebbe essere più vantaggioso concordare un piano di rientro o un saldo e stralcio.

La prima forma di accordo permette al debitore di saldare il debito attraverso rate mensili compatibili con la sua capacità economica.

Nel secondo caso, invece, il creditore potrà accettare il pagamento immediato di una somma inferiore rispetto al totale dovuto.

Pertanto, l’accordo transattivo consiste in una soluzione in cui entrambe le parti ottengono una vittoria (cd. soluzione “win-win”).

Conseguenze per gli eredi

La garanzia del minimo vitale può ostacolare il pignoramento della pensione ma non tutela gli eredi del debitore.

Infatti in caso di decesso del soggetto su cui grava l’obbligo di pagamento, i debiti debiti maturati dal defunto possono essere trasmessi agli eredi.

Pertanto, nella spiacevole eventualità che il pensionato venga a mancare, i parenti più vicini dovranno decidere se accettare o meno l’eredità.

Nel caso di accettazione, i debiti si trasmetteranno ai successori del defunto (anche denominato “de cuius”) e il creditore potrà avanzare la richiesta di pagamento nei loro confronti.

La legge prevede che la rinuncia all’eredità deve essere formalizzata con un atto pubblico o una scrittura privata autenticata presso un notaio o depositata in tribunale.

L’applicazione di questa procedura formale garantisce la trasparenza delle successioni e attribuisce all’atto di rinuncia valore di pubblicità legale.

Al contrario l’accettazione dell’eredità non prevede delle formalità specifiche, ma può essere desunta dal comportamento degli eredi (e dai cd. “atti dispositivi” del patrimonio del defunto).

Pertanto il creditore potrà effettuare i controlli necessari per individuare la presenza di eventuali eredi contro i quali si potrà avviare l’azione esecutiva.


Conclusione

La presenza del minimo vitale tutela i diritti fondamentali del debitore ma allo stesso tempo permette al creditore di evitare azioni esecutive infruttuose.

Prima di avviare il pignoramento della pensione è utile effettuare delle indagini preliminari e valutare la situazione economica della controparte.

In questo modo il creditore potrà verificare quali saranno le prospettive di incasso per scegliere in anticipo la strategia migliore da adottare.

L’età del debitore, infatti, può influire sulla sua capacità di rispettare gli obblighi contrattuali e sulla stabilità delle sue entrate.

L’analisi di questi aspetti aiuta un’impresa a costruire accordi sostenibili e adeguati al profilo della controparte, riducendo il rischio di insolvenza.

Minimo vitale - alternative pignoramento pensione - grafico


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Autore

Teresa Rossi

Avvocato • Credit Advisor | Founder di Recupero Legale.

Specializzata in: Crediti • Immobiliare • Due Diligence.

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Recupero crediti per freelance: introduzione

Il recupero crediti per freelance rappresenta un problema molto diffuso tra i professionisti indipendenti.

Secondo le statistiche degli ultimi anni (pubblicate da Globe Newswire) il 74% dei freelance non riceve il pagamento del proprio compenso in tempo.

Inoltre il 72% dei professionisti indipendenti ha almeno una fattura insoluta, il cui incasso viene posticipato regolarmente per oltre due messi.

In una recente ricerca (condotta da Bonsai) è emerso che il 59% dei freelance è creditrice di somme rilevanti (che possono superare i 50.000 euro) per lavori già completati.

Infatti molti professionisti indipendenti lavorano su numerosi progetti senza valutare preventivamente l’affidabilità della controparte.

In questi casi è molto frequente stringere collaborazioni con clienti poco conosciuti che potrebbero rivelarsi insolventi.

Il mancato pagamento di un cliente può mettere in ginocchio l’attività di un freelance, soprattutto nei primi anni di lavoro.

Tuttavia esiste un modo per proteggere il proprio lavoro e prevenire una crisi economica.

Se sei un freelance e il cliente non ha saldato il tuo compenso, sei finito/a nel posto giusto.

In questa guida ti spiegherò come incassare il tuo credito insoluto e come prevenire il rischio di insolvenza.

Nell’articolo scoprirai i 5 errori più comuni che dovrai evitare prima di concludere un accordo di collaborazione con un nuovo cliente.

Prima di proseguire voglio spiegarti alcuni concetti fondamentali.

Freelance nel mercato globale

Il termine “freelance” deriva dalla fusione delle parole inglesi “free” e “lance” che significano letteralmente “lancia indipendente”.

Questo sostantivo veniva utilizzato per identificare i soldati mercenari che non erano legati a uno specifico esercito e che combattevano agli ordini di chi offriva denaro.

La parola “freelance” è ormai penetrata nella nostra lingua italiana e viene utilizzata per identificare i professionisti (specialmente quelli non iscritti in albi professionali) che lavorano in maniera indipendente senza aver sottoscritto un contratto di lavoro subordinato.

All’interno della categoria dei “freelance” esiste un piccolo insieme di professionisti indipendenti che viene identificato con il termine “nomadi digitali”.

I “nomadi digitali” sono quella specifica categoria di freelance che offre i propri servizi in modalità remota, con orari e modalità di lavoro flessibili che favoriscono viaggi e frequenti spostamenti.

Secondo le ultime statistiche (pubblicate sul sito Webside Planet) ci sono circa 1,1 miliardi di lavoratori freelance attivi in tutto il pianeta.

L’Italia si troverebbe in una delle prime posizioni in Europa per numero di freelance, con oltre 4,3 milioni di persone che hanno scelto questa modalità lavorativa.

In una platea di freelance così vasta il rischio di insolvenza può essere molto elevato senza l’applicazione di misure preventive.

Recupero crediti per freelance: problemi frequenti

In via generale il recupero crediti è il complesso delle attività stragiudiziali e giudiziali che consente a un creditore di ottenere il pagamento da parte del debitore.

Nello specifico il recupero crediti stragiudiziale consiste nello svolgimento di tutte quelle azioni finalizzate a recuperare un credito senza l’avvio di una causa giudiziale.

Uno dei problemi più frequenti per i freelance è quello di comprendere quali conseguenze e rischi può determinare il mancato pagamento di un cliente.

Infatti la presenza di un credito insoluto può determinare il verificarsi di una crisi economica sotto molteplici fattori.

Innanzitutto il mancato pagamento di un lavoro già eseguito determina un mancato introito e una perdita di liquidità.

Tuttavia uno dei problemi più ignorati riguarda il tema della tassazione.

In particolare la presenza del credito insoluto determina un incremento della base imponibile, con conseguente accrescimento delle imposte.

Per questo motivo è necessario tutelare la propria posizione giuridica e fiscale agendo tempestivamente per impedire il propagarsi della crisi finanziaria.

Vediamo quali sono le principali attività da compiere.

Verifiche preliminari

In prima analisi ti consiglio di verificare l’entità del credito insoluto prima di programmare i successivi step.

Infatti, per una corretta gestione dei crediti insoluti, è necessario personalizzare la strategia di recupero in base al grado di deterioramento del credito.

Il nostro studio legale utilizza un metodo di classificazione delle insolvenze che prevede la misurazione di specifici parametri.

Soltanto dopo aver completato la verifica preliminare sul credito insoluto è possibile organizzare una strategia di incasso.

In seguito ti consiglio di:

  • raccogliere tutta la documentazione in tuo possesso;
  • descrivere in poche righe gli eventi che hanno preceduto l’insolvenza.

Queste informazioni possono rivelare dettagli molto preziosi per la successiva trattativa di recupero.

Analisi costi – benefici

In secondo luogo ti consiglio di effettuare un’analisi “costi – benefici” per individuare la strategia più adatta al tuo caso.

Per soddisfare le tue aspettative di incasso ti consiglio di richiedere supporto legale specializzato.

Infatti, sebbene il recupero crediti stragiudiziale sia la soluzione più efficace per incassare il tuo credito da freelance, devi sapere che esistono delle eccezioni.

In molti casi soltanto l’azione giudiziale potrebbe consentire di ricevere il pagamento dalla controparte.

Non esistono delle regole generali e immanenti.

Ogni posizione creditoria deve essere analizzata per verificare quale potrà essere la strategia di recupero più efficace.

Per questo motivo sarà necessario effettuare una previsione degli eventuali costi da sostenere in caso di contenzioso giudiziale.

In questo modo potrai misurare l’impatto economico che la controversia potrà avere sul tuo patrimonio.


Recupero crediti per freelance: gli errori da evitare

Recupero crediti per freelance - errori

La stabilità finanziaria di un freelance dipende spesso dalla puntualità dei pagamenti.

Senza un sistema efficace di prevenzione, i rischi di insolvenza aumentano e possono vanificare mesi di lavoro e impegno.

Solitamente un professionista indipendente non dispone delle stesse risorse impiegate nelle aziende più strutturate.

Infatti, in molti casi, un freelance non adotta un processo organizzativo che gli consente di verificare la solvibilità dei nuovi clienti.

Per questo motivo è utile applicare delle strategie preventive nella fase iniziale che precede l’avvio della collaborazione con il cliente.

Nei prossimi paragrafi ti spiegherò quali sono gli errori più frequenti da evitare prima di concludere un affare.

Iniziamo subito.

Recupero crediti per freelance: assenza di contratto

Il recupero crediti per freelance diventa più complesso quando manca un contratto sottoscritto dalla controparte.

Molti professionisti autonomi commettono l’errore di iniziare a lavorare sulla base di accordi verbali o scambi di email ordinarie.

Senza un contratto (inteso come documento cartaceo o digitale), il freelance può trovarsi in una posizione di debolezza in caso di mancato pagamento.

Infatti, la prova dell’esistenza del rapporto professionale, dei termini concordati e del valore delle prestazioni ricade interamente sul creditore.

In assenza di un documento formale (come il contratto), il freelance dovrà raccogliere e presentare prove alternative per dimostrare l’esistenza del suo diritto di credito.

In particolare il creditore dovrà produrre:

  • email;
  • messaggi scambiati via chat;
  • bozze di documenti e/o progetti eseguiti durante il lavoro;
  • testimonianze verbali di terzi;
  • qualsiasi elemento che possa dimostrare l’esistenza di un accordo con la controparte.

Questo errore è certamente rimediabile e il tuo credito non è a rischio.

Tuttavia, l’assenza del contratto (inteso come documento cartaceo o digitale) potrebbe rendere più complessa la controversia.

Per questo motivo ogni volta che accetti un incarico, stipula un contratto con il cliente e chiedi la sua sottoscrizione.

Recupero crediti per freelance: conferimento incarico

Il recupero crediti per freelance può essere ostacolato se l’incarico non viene espressamente conferito con modalità scritte (email o pec).

Anche questo è un errore molto comune.

Spesso i freelance più giovani e inesperti accettano di eseguire la prestazione dopo una conversazione telefonica o un messaggio inviato tramite chat.

In particolare, affidarsi esclusivamente allo scambio di messaggi su WhatsApp per formalizzare un incarico, può rappresentare un rischio in caso di contestazioni sulla prestazione.

L’assenza di un documento scritto che conferma l’affidamento del lavoro può creare un vuoto probatorio difficile da colmare in caso di mancato pagamento.

Email e conversazioni in chat

Le email, infatti, costituiscono una prova documentale più solida, in quanto contengono data, mittente, destinatario e sequenza cronologica delle comunicazioni.

Secondo le ultime sentenze della Cassazione, anche i messaggi scambiati via chat (es. WhatsApp) possono essere utilizzati per provare l’esistenza di un diritto (come il diritto di credito).

Tuttavia la natura frammentaria delle conversazioni scambiate tramite le app di messaggistica istantanea rende molto complesso individuare l’effettivo conferimento dell’incarico e le condizioni generali della collaborazione.

In assenza di contratto, questi rischi permangono anche con un incarico affidato tramite email, ma solitamente le sequenze “a cascata” della posta elettronica consentono una migliore indagine in ordine alla conversazione tra le parti.

Questi elementi possono risultare decisivi per ottenere un decreto ingiuntivo o per supportare le proprie ragioni durante la trattativa stragiudiziale.

Per questo motivo se non vuoi puoi firmare un contratto con il cliente (scelta consigliata) chiedi almeno al cliente di conferire l’incarico tramite una pec (o in ultima ipotesi tramite una email).

Recupero crediti per freelance: accordo sul compenso

Il recupero crediti per freelance può diventare più complicato se il compenso viene negoziato tramite strumenti diversi dal contratto (conversazioni verbali o messaggi via chat).

Questa modalità di accordo, spesso preferita perché più comoda, veloce e meno burocratica, può successivamente ostacolare il recupero di un credito insoluto.

Quando un freelance concorda un compenso senza una base documentale (contratto, comunicazione pec o email) è più difficile tenere traccia del consenso espresso dalla controparte.

Le applicazioni di messaggistica istantanea, sebbene consentano l’esportazione delle conversazioni intercorse con un contatto, mostrano criticità sostanziali.

Infatti le comunicazioni scambiate via chat sono spesso frammentarie e intervallate da risposte della controparte che impediscono una corretta comprensione delle intenzioni delle parti.

Alcune frasi possono risultare ambigue o incomplete e possono essere facilmente contestate dalla controparte.

Conversazioni telefoniche

Analogamente alcuni professionisti si accordano sul prezzo di un servizio tramite colloquio telefonico.

Tuttavia questa scelta è errata poiché in caso di credito insoluto sarà più difficile dimostrare a quanto ammonta il compenso.

Dopo una conversazione telefonica o uno scambio di messaggi via chat, in cui si discutono i termini economici, ti consiglio di firmare un contratto.

In alternativa puoi formalizzare l’accordo sul compenso con una comunicazione via pec in cui fornisci un riepilogo del compenso.

In ultima ipotesi puoi scegliere la comunicazione via email, ma tale soluzione è meno protettiva rispetto alla firma di un contratto o l’invio di pec.

Nel testo dell’email ti consiglio di specificare il corrispettivo concordato e di richiedere alla controparte di confermare in via scritta l’accettazione della proposta.

Mancata descrizione delle modalità di esecuzione del lavoro

Il recupero crediti per freelance può diventare problematico quando manca una definizione scritta delle modalità di esecuzione del lavoro.

L’assenza di informazioni scritte sul lavoro da svolgere crea un terreno fertile per contestazioni da parte del cliente.

Senza parametri chiari, il debitore può facilmente obiettare sulla qualità, completezza o conformità del lavoro rispetto alle aspettative.

Quando il cliente commissiona un lavoro, ti consiglio di concordare in modo preciso come dovrà essere eseguita la prestazione.

Ti fornisco un esempio concreto.

Se realizzi un servizio digitale, predisponi un documento in cui descrivi le caratteristiche del progetto e dell’output finale.

In particolare, per evitare obiezioni, ti consiglio di esplicitare:

  • le fasi progressive di svolgimento del lavoro (indicando chi sarà il soggetto che si dovrà occupare di un determinato compito);
  • le specifiche tecniche del risultato che sarà consegnato;
  • i criteri di accettazione del risultato (ovvero quando il lavoro si considera completato);
  • i tempi di consegna (se non sono previste azioni di replica e/o interazione del committente).

Questo livello di dettaglio riduce drasticamente il margine di contestazioni e fornisce una base solida in caso di necessità di recupero.

Recupero crediti per freelance: emissione immediata della fattura 

Il recupero crediti per freelance ha come base documentale una o più fatture insolute emesse al termine del lavoro.

L’emissione immediata delle fatture, sebbene sia un’attività corretta dal punto di vista amministrativo, può trasformarsi in un problema fiscale significativo in caso di mancato pagamento.

Quando un freelance emette fattura, indipendentemente dall’incasso effettivo, è tenuto a versare le imposte sul reddito relative all’importo fatturato.

Questo significa che, in caso di insolvenza del cliente, il professionista dovrà pagare delle tasse su compensi mai ricevuti.

Una soluzione più prudente consiste nell’emettere inizialmente una notula proforma (o avviso di parcella), che non ha valore fiscale e non genera obblighi tributari.

Questo documento, pur essendo legalmente valido per richiedere il pagamento, non comporta l’insorgere di obbligazioni fiscali immediate.

Per questo motivo ti consiglio di emettere la fattura solo dopo aver ricevuto il pagamento.

In questo modo il momento dell’imposizione fiscale coinciderà con quello dell’effettivo incasso.


Conclusione

Il recupero crediti per freelance può risultare più efficace quando si adottano misure preventive adeguate.

La stipula di un contratto, la definizione delle fasi progressive del lavoro e una gestione oculata della fatturazione, rappresentano la migliore difesa contro i clienti insolventi.

Queste azioni non costituiscono dei meri adempimenti burocratici, ma azioni di valore strategico che possono preservare la stabilità finanziaria della tua attività professionale.

La formalizzazione degli accordi può ridurre il rischio di crediti insoluti e ne facilita notevolmente il recupero.

Inoltre una corretta valutazione legale e una previsione dell’esito della controversia può tutelare il lavoro di un freelance.

In questo modo è possibile prevenire problemi futuri e pianificare una crescita economica stabile e sostenibile.

Recupero crediti per freelance - errori_grafico


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Autore

Tino Crisafulli

Avvocato • Legal Advisor | Founder di Recupero Legale.

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Fallimento società di persone - copertina

Introduzione

Il fallimento di una società di persone rappresenta un momento critico poiché può rendere difficile il recupero di un credito insoluto.

Infatti nelle procedure concorsuali i creditori vengono soddisfatti seguendo precise gerarchie di priorità.

Il rischio principale è trovarsi in fondo a questa lista con scarse possibilità di ottenere il pagamento da parte della società fallita.

Per questo motivo è opportuno intervenire tempestivamente e prevedere adeguate garanzie per tutelarsi da eventuali insolvenze.

Le società di persone sono caratterizzate da una struttura flessibile ma anche vulnerabile e possono trovarsi in difficoltà finanziaria a causa di diverse variabili che ne compromettono la stabilità.

In questo articolo ti spiegherò come prevenire potenziali perdite legate a insolvenze impreviste e come tutelarti in caso di fallimento di società di persone.

Ma prima di proseguire voglio fornirti alcune definizioni preliminari.

Fallimento società di persone: che cos’è il fallimento

Il fallimento è una procedura giudiziale che viene avviata quando un individuo o un’azienda non è più in grado di adempiere ai propri obblighi finanziari e si trova in una situazione di insolvenza.

Una persona fisica o giuridica viene dichiarata insolvente quando non riesce a soddisfare le richieste dei creditori e a rispettare gli impegni economici assunti.

La procedura fallimentare può essere attivata su richiesta di un creditore o dello stesso debitore.

Una volta avviato il procedimento, il Tribunale nomina un curatore, incaricato di amministrare e vendere i beni del debitore.

Prima di procedere con la liquidazione del patrimonio il curatore fallimentare redige lo stato passivo, un documento che fornisce una fotografia della situazione finanziaria del fallito.

All’interno dello stato passivo sono elencati le obbligazioni e i debiti accumulati nei confronti di terzi (come ad esempio fornitori e istituti finanziari).

Inoltre il curatore analizzerà il complesso dei beni e delle attività in capo alla società di persone che possono essere venduti per soddisfare i creditori (come immobili, macchinari o crediti verso clienti).

Ogni creditore può intervenire all’interno della procedura per ottenere il pagamento del suo credito insoluto.

Il fallimento delle società di persone però presenta caratteristiche specifiche che lo differenziano da quello delle società di capitali.

Fallimento società di persone: cosa sono le società di persone

Il fallimento di una società di persone è un evento complesso che può avere implicazioni significative per i creditori.

Le società di persone sono entità giuridiche create con lo scopo di condurre attività commerciali e possono assumere diverse forme.

Le principali tipologie di società di persone sono:

  • la società semplice (s.s.);
  • la società in nome collettivo (s.n.c.);
  • la società in accomandita semplice (s.a.s.).

Vediamo nel dettaglio quali sono le principali differenze.

Le società di persone: differenze

La società semplice (s.s.) è la forma più elementare di società prevista dall’articolo 2251 e seguenti del Codice Civile e può essere utilizzata anche per attività non commerciali (come la gestione di beni immobili o l’esercizio di attività agricole).

Questo tipo di società non è soggetta a fallimento in quanto non può esercitare attività commerciale, requisito richiesto dall’articolo 1, comma 1 della Legge Fallimentare.

La società in nome collettivo (s.n.c.), invece, rappresenta la forma principale di società utilizzata per l’esercizio di un’attività commerciale disciplinata dall’articolo 2291 e seguenti del Codice Civile.

La gestione della s.n.c. spetta di norma a uno o più soci amministratori che agiscono in nome e per conto della stessa la quale è soggetta a fallimento.

La società in accomandita semplice (s.a.s), infine, è una forma societaria che consente di unire il capitale di alcuni soci (i c.d. soci accomandanti) che non vogliono essere coinvolti nella gestione quotidiana, con la competenza e l’esperienza di altri soggetti definiti soci accomandatari.

Fallimento società di persone - tipologie principali

Questi ultimi (accomandatari) si occupano della direzione dell’impresa (come stabilisce l’articolo 2313 e seguenti del Codice Civile) e rappresentano la medesima nei rapporti con i terzi.

La s.a.s. viene utilizzata in situazioni in cui è necessario raccogliere capitale senza compromettere il controllo operativo.

La società in accomandita semplice può essere dichiarata fallita se non è in grado di far fronte alle proprie obbligazioni.

Fallimento società di persone: autonomia patrimoniale imperfetta

Il fallimento di una società di persone può determinare delle gravi conseguenze anche per i soci che l’hanno costituita.

La struttura ed il funzionamento dell’impresa si fondano sull’aspetto personale in quanto le decisioni, la gestione delle risorse e la stessa identità della società sono collegate alle competenze e ai valori dei singoli soci.

Infatti, a differenza delle società di capitali, il legame tra i soci è più stretto e diretto e per questo motivo si parla di autonomia patrimoniale imperfetta della società di persone.

Questo termine indica che, anche se la società è un’entità giuridica distinta dai soci, la sua separazione patrimoniale non è totale.

Infatti, in caso di difficoltà economiche o di debiti, i soci sono chiamati a rispondere personalmente con il loro patrimonio (come stabilisce l’art. 2291 del Codice Civile).

Questa regola generale non vale interamente per le società in accomandita semplice in cui solo i soci accomandatari sono responsabili per le obbligazioni sociali (come stabilisce l’art. 2313 del Codice Civile).

Pertanto l’eventuale fallimento della società di persone coinvolgerà inevitabilmente anche i soci e metterà a rischio la loro situazione economica e patrimoniale.


Fallimento società di persone e recupero crediti

Fallimento società di persone - recupero crediti

Il fallimento di una società di persone può rendere più difficile recuperare un credito insoluto poiché l’apertura della procedura concorsuale determina la sospensione delle azioni esecutive individuali.

Per questo motivo il creditore deve agire tempestivamente per tutelare i propri interessi e monitorare in modo costante e periodico l’andamento del rapporto con il cliente.

In particolare è molto importante prestare attenzione ai segnali che possono preannunciare una crisi finanziaria (come ritardi nei pagamenti o richieste di dilazioni).

Infatti, all’esito della procedura fallimentare, le somme di denaro ricavate dalla liquidazione del patrimonio verranno ripartite tra tutti i creditori secondo criteri legali rigorosi e con risultati che spesso si rivelano poco soddisfacenti.

Pertanto, se il creditore agisce prima della dichiarazione di fallimento avrà più possibilità di ottenere il recupero del credito insoluto.

Fallimento società di persone: conseguenze per i creditori

Il fallimento delle società di persone determina l’impossibilità per i creditori di avviare o proseguire l’attività esecutiva eventualmente in corso.

L’obiettivo primario del fallimento è garantire una gestione collettiva e ordinata del patrimonio del debitore che dovrà essere distribuito in maniera equa tra tutti i creditori.

Infatti, al fine di evitate disuguaglianze e disordini nella gestione della massa fallimentare, l’art. 51 della Legge Fallimentare impedisce ai creditori di agire individualmente per soddisfare i propri crediti insoluti.

La ratio di tale disposizione risiede nel principio di par condicio creditorum.

Questa regola generale impone che i creditori siano trattati in modo paritario e che la soddisfazione dei loro crediti avvenga attraverso una distribuzione proporzionale e ordinata.

Se i creditori potessero agire individualmente, i primi a procedere potrebbero ottenere una soddisfazione maggiore rispetto agli altri, compromettendo l’equità e il buon funzionamento del sistema.

Inoltre, il blocco evita la dispersione o la frammentazione del patrimonio del fallito, assicurando che i beni residui siano gestiti in modo centralizzato dal curatore fallimentare.

Fallimento società di persone: insinuazione nel passivo

Nel fallimento di una società di persone, i creditori devono presentare la domanda di insinuazione al passivo.

L’ammissione al passivo è un istituto disciplinato dall’articolo 93 della Legge Fallimentare.

La richiesta va depositata presso la cancelleria del tribunale competente entro 30 giorni prima della data di udienza di verifica dei crediti.

Il creditore deve allegare i documenti che dimostrano il proprio diritto al pagamento e indicare la somma che si intende recuperare dal fallimento.

In seguito, il curatore fallimentare predispone un progetto di stato passivo con l’elenco dei crediti ammessi.

Fallimento società di persone - ammissione al passivo

I creditori ammessi al passivo partecipano alla distribuzione dell’attivo della società fallita.

Tuttavia, il soddisfacimento delle pretese dipende dalla disponibilità patrimoniale dell’impresa e dall’attivo fallimentare.

Fallimento società di persone: privilegio del creditore fondiario

Il fallimento della società di persone rende più difficile il recupero di un credito insoluto se è presente un creditore fondiario.

Il credito fondiario ha per oggetto la concessione di finanziamenti a medio e lungo termine da parte di banche in favore di soggetti che vogliono acquistare un immobile (come stabilisce l’articolo 38 del Testo Unico Bancario – D.Lgs. 385/1993).

La banca accetta di erogare il mutuo fondiario soltanto se è possibile iscrivere ipoteca di primo grado sull’immobile.

A differenza degli altri creditori il creditore fondiario può iniziare o proseguire l’azione esecutiva individuale sul bene ipotecato.

Pertanto, non si applica nei suoi confronti il divieto stabilito dall’art. 51 della Legge Fallimentare.

Il privilegio fondiario consente di agire anche dopo la dichiarazione di fallimento e l’esecuzione immobiliare  si svolge parallelamente alla procedura fallimentare.

Il ricavato della vendita viene distribuito secondo l’ordine dei privilegi e la banca riceve il pagamento del proprio credito con precedenza sugli altri creditori.

Questi ultimi specialmente quelli chirografari o senza titolo, rimangono molto spesso insoddisfatti.

Pertanto, prima di insinuarsi nel passivo è necessario valutare  le reali prospettive di incasso.


Fallimento società di persone e credit management

Fallimento società di persone - credit management

Il fallimento della società di persone rappresenta un evento critico per gli imprenditori poichè il cliente diventa giuridicamente insolvente.

Una corretta gestione del credito può ridurre i rischi finanziari e preservare la liquidità aziendale.

Le società di persone, come le s.n.c. e le s.a.s., rispondono con il patrimonio sociale e personale per i debiti aziendali.

Tuttavia, in caso di fallimento, i creditori chirografari potrebbero avere poche possibilità di recuperare i crediti insoluti.

L’ammissione al passivo rappresenta solo un riconoscimento formale del credito.

Di conseguenza, è preferibile effettuare delle valutazioni preliminari sulla controparte al fine di prevenire crisi di insolvenza.

Nei prossimi paragrafi ti spiegherò come ridurre i rischi in caso di fallimento di società di persone.

Investire in strategie di prevenzione è sempre una scelta vantaggiosa per la tua impresa.

Fallimento società di persone: credit scoring

Il credit scoring rappresenta oggi uno strumento fondamentale per le PMI che desiderano tutelare i propri interessi economici.

Questa metodologia analitica valuta l’affidabilità creditizia dei clienti, assegnando un punteggio che indica la probabilità di insolvenza.

Le società di persone, caratterizzate dalla responsabilità illimitata dei soci, presentano rischi specifici in caso di fallimento.

Quando una società di persone fallisce, i creditori possono rivalersi sul patrimonio personale dei soci, ma questo processo è spesso lungo e complesso.

Il credit scoring analizza diversi parametri: storico dei pagamenti, bilanci, indici finanziari e comportamenti di mercato.

Grazie a questi dati, le imprese possono identificare in anticipo i segnali di difficoltà finanziaria dei loro clienti.

In questo modo potrai ottenere molteplici vantaggi:

  • differenziare le condizioni di pagamento in base al rischio;
  • monitorare costantemente la salute finanziaria dei clienti;
  • ridurre significativamente gli insoluti;
  • prendere decisioni più consapevoli sulla concessione di credito.

Credit Scoring

L’implementazione di un sistema di credit scoring può ridurre fino al 30% il rischio di crediti insoluti.

Questo strumento non rappresenta solo una protezione, ma anche un vantaggio competitivo che permette alle imprese di operare con maggiore sicurezza.

Per le PMI, investire in un sistema di valutazione del merito creditizio significa proteggere la propria stabilità finanziaria e garantire la continuità aziendale nel lungo periodo.

Fallimento società di persone: segnali di crisi

Il fallimento di una società di persone rappresenta un rischio concreto per le PMI creditrici.

Individuare tempestivamente i segnali di crisi (insolvency triggers) permette di proteggere i propri crediti e adottare misure preventive efficaci.

I segnali di allerta si manifestano spesso con mesi di anticipo rispetto all’effettivo fallimento.

Il ritardo nei pagamenti costituisce l’indicatore più immediato.

Quando una società di persone inizia a posticipare sistematicamente le scadenze, è necessario indagare sulle possibili cause.

In particolare una richiesta di dilazione dei termini di pagamento superiore ai 60 giorni rappresenta un segnale da analizzare con attenzione.

Ulteriori indicatori di crisi

Esistono ulteriori indicatori che possono sfociare in una crisi irreversibile (come il fallimento).

In particolare la riduzione improvvisa del volume d’affari e la perdita di clienti strategici possono determinare una drastica riduzione degli incassi che precedente l’insolvenza.

Anche i cambiamenti nella compagine sociale o le difficoltà nel reperire nuove linee di credito segnalano potenziali problemi.

Per questo motivo ti consiglio di monitorare regolarmente i seguenti parametri:

  • puntualità nei pagamenti;
  • andamento del fatturato del cliente su base trimestrale;
  • presenza di eventuali protesti;
  • cambiamenti significativi nella gestione aziendale e nella composizione societaria;
  • difficoltà nelle relazioni commerciali con fornitori strategici.

Nel caso delle società di persone, dove la responsabilità patrimoniale si estende ai soci, è utile valutare anche la solidità economica dei singoli partner.

Un monitoraggio costante di questi indicatori ti aiuterà a identificare precocemente situazioni di rischio.

In questo modo potrai adottare strategie di tutela del credito prima che la situazione diventi irreversibile.


Conclusione

Prevenire l’insolvenza dei clienti, soprattutto quando si tratta di società di persone, è una priorità per le PMI che gestiscono crediti insoluti.

Analizzare la capacità di rimborso dei clienti, attraverso strumenti come il credit scoring, non è solo una strategia difensiva, ma un investimento per la stabilità aziendale.

I campanelli di allarme, come ritardi nei pagamenti o peggioramenti del rating, devono essere monitorati con attenzione per evitare rischi futuri.

Per questo motivo ti consiglio di adottare strategie mirate integrando sistemi di valutazione del rischio nelle tue policy aziendali.

In un contesto economico sempre più competitivo, la capacità di anticipare problemi finanziari può fare la differenza tra crescita e difficoltà.

Investire nella prevenzione significa proteggere il proprio business e garantire una gestione più sicura ed efficiente dei crediti.

Riconoscimento della Crisi Finanziaria - schema


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Autore

Tino Crisafulli

Avvocato • Legal Advisor | Founder di Recupero Legale.

Specializzato in: Crediti • Contratti • Privacy • Tech.

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