Sentenza civile: introduzione
La sentenza civile costituisce uno strumento giuridico alternativo per il recupero di un credito insoluto.
Infatti l’assenza di prove documentali rappresenta un ostacolo significativo per ottenere un decreto ingiuntivo.
In mancanza di documenti scritti che attestino l’esistenza del credito, l’ordinamento giuridico consente di promuovere un giudizio di cognizione.
Questo procedimento, disciplinato dal codice di procedura civile, permette al creditore di ottenere un titolo esecutivo valido con modalità differenti rispetto al procedimento di ingiunzione.
Durante il giudizio, il magistrato esamina le prove (tra cui anche quelle testimoniali) e gli elementi probatori disponibili.
La sentenza civile che ne deriva, una volta passata in giudicato, assume piena efficacia di titolo esecutivo.
Pertanto, il creditore acquisisce il diritto di avviare l’esecuzione forzata sui beni del debitore.
In altre parole, anche senza prove scritte del credito, la legge offre una soluzione per tutelare le ragioni creditorie.
In questo articolo ti spiegherò come sfruttare la sentenza civile nel recupero dei crediti commerciali.
Prima di proseguire voglio fornirti alcune definizioni preliminari.
Giudizio di cognizione e sentenza civile
Il giudizio di cognizione rappresenta la fase processuale in cui il magistrato esamina una controversia tra due o più soggetti per accertare la fondatezza delle pretese avanzate da una delle parti.
Tale procedimento costituisce il nucleo dell’attività giurisdizionale civile, con cui si tutela e si accerta l’esistenza dei diritti contestati.
Nel corso di questa fase, il giudice valuta le prove prodotte e applica le norme giuridiche pertinenti alla fattispecie per cui è sorta la controversia.
Lo svolgimento del giudizio si articola attraverso precisi passaggi procedurali che garantiscono il contraddittorio tra le parti processuali.
Lo scopo del giudizio di cognizione è quello di chiedere l’intervento di un giudice affinché quest’ultimo dichiari la sussistenza o meno di un diritto controverso.
In un contenzioso tra creditore e debitore, è possibile avviare un giudizio di cognizione in assenza di prove documentali utili per l’avvio di un procedimento di ingiunzione.
In questo modo l’ordinamento fornisce uno strumento processuale per regolare i rapporti giuridici che hanno determinato l’insorgenza di una disputa legale.
Il giudizio di cognizione svolge la fondamentale funzione di rimuovere l’incertezza sulle situazioni giuridiche soggettive al fine di offrire tutela ai diritti meritevoli di protezione.
Sentenza civile: definizione
La sentenza civile rappresenta l’atto giurisdizionale con cui il giudice conclude il processo civile.
Questo provvedimento decisorio risolve le controversie tra le parti attraverso l’applicazione di norme giuridiche.
Il magistrato giudicante, dopo aver valutato le prove e le tesi giuridiche dei procuratori legali, formula un giudizio vincolante per le parti processuali.
Secondo quanto prevede la legge (articolo 132 del codice di procedura civile) la sentenza civile deve contenere i seguenti elementi fondamentali:
- l’intestazione (in cui è indicato il Tribunale che emette il provvedimento);
- l’indicazione delle parti e dei rispettivi procuratori;
- la concisa esposizione dei motivi in fatto e diritto;
- le conclusioni delle parti,
- il dispositivo (ovvero la parte finale in cui è contenuta la decisione).
Tale atto assume efficacia esecutiva nei casi previsti dalla legge (articolo 474 del codice di procedura civile), consentendo l’esecuzione forzata della decisione.
In base all’articolo 324 del codice di procedura civile, la sentenza civile diventa irrevocabile quando non è più soggetta a impugnazioni ordinarie.
Pertanto, questo provvedimento giurisdizionale costituisce lo strumento attraverso cui l’ordinamento tutela i diritti soggettivi dei cittadini nelle controversie civili.
Differenze tra decreto ingiuntivo e sentenza civile
Il decreto ingiuntivo rappresenta un provvedimento giudiziale dal carattere sommario su istanza di un soggetto che deve far valere un diritto certo, liquido ed esigibile.
Tale strumento consente al creditore di ottenere rapidamente un titolo esecutivo senza contraddittorio iniziale con il debitore.
La sentenza civile, diversamente, scaturisce da un procedimento ordinario caratterizzato dal pieno dispiegamento del contraddittorio tra le parti.
Nel procedimento ordinario, che culmina con l’emissione di una sentenza civile, il giudice esamina i documenti, le testimonianze e le argomentazioni di entrambe le parti.
Il decreto ingiuntivo offre maggiore celerità procedurale rispetto alla sentenza civile, costituendo la via preferenziale per crediti provati in via documentale.
Di conseguenza, i tempi di recupero giudiziale mediante decreto ingiuntivo risultano significativamente ridotti rispetto all’iter processuale ordinario.
Al contrario la sentenza civile garantisce un accertamento più approfondito e incontrovertibile del diritto di credito.
Pertanto, la scelta tra i due strumenti dipenderà dalla tipologia documentale a supporto del credito vantato.
Entrambi i provvedimenti costituiscono valide opzioni procedurali che si differenziano per tempi e modalità di contraddittorio.
Presupposti documentali: quando la prova è insufficiente
La solidità di un credito dipende dalla qualità della documentazione a suo supporto.
In ambito giudiziario, l’insufficienza probatoria conduce frequentemente al rigetto delle richieste processuali del creditore.
Una sentenza civile sfavorevole deriva spesso alla mancata produzione di un valido contratto sottoscritto dalle parti.
Analogamente, l’assenza di fatture regolarmente emesse può compromettere la posizione giuridica del creditore.
La corrispondenza commerciale, se frammentaria o non riconducibile con certezza alle parti, può essere considerata inadeguata dal Giudice.
Allo stesso modo le dichiarazioni testimoniali non supportate da riscontri documentali possono avere una limitata efficacia probatoria.
Nel corso dell’istruttoria, il magistrato valuterà l’attendibilità delle prove secondo regole tecniche codificate dal codice di rito e dalla giurisprudenza di legittimità.
La sentenza civile negativa rappresenta l’inevitabile esito di un’azione giudiziaria fondata su presupposti documentali carenti o inidonei a dimostrare l’esistenza del diritto di credito.
Ricorda che l’onere della prova grava interamente sul creditore.
Quest’ultimo dovrà munirsi preventivamente di idonea documentazione per tutelare efficacemente la propria pretesa in sede giudiziaria.
Tempistiche e costi processuali: sentenza civile e decreto ingiuntivo a confronto
Il recupero di un credito attraverso una causa giudiziale richiede alcune valutazioni economiche che possono risultare determinanti per decidere quale strategia seguire.
Il giudizio di cognizione, che si conclude con la sentenza civile, richiede tempistiche piuttosto dilatate, generalmente quantificabili in anni.
I costi processuali di tale procedura includono:
- contributi unificati (ovvero le spese da versare allo stato italiano);
- spese di notifica;
- compensi professionali per l’avvocato costituito in giudizio;
- eventuali oneri accessori (come il pagamento dei consulenti tecnici d’ufficio nominati nel giudizio).
Al contrario, il decreto ingiuntivo rappresenta uno strumento processuale caratterizzato da maggiore celerità.
Le spese per ottenere di un decreto ingiuntivo risultano sensibilmente inferiori rispetto a quelle necessarie per ottenere una sentenza civile.
Tali differenze economiche derivano principalmente dalla struttura semplificata del procedimento monitorio (ovvero il procedimento di ingiunzione).
In particolare, l’assenza di udienze multiple e attività istruttorie complesse determina un abbattimento dei costi legali.
La sentenza civile, d’altra parte, garantisce un accertamento giudiziale approfondito della controversia, che risolve definitivamente eventuali contestazioni del debitore.
Sentenza civile e trattativa stragiudiziale
L’ottenimento di una sentenza civile favorevole non preclude la possibilità di avviare una trattativa stragiudiziale con il debitore.
Questo percorso alternativo, spesso trascurato, presenta vantaggi concreti per entrambe le parti coinvolte nel contenzioso.
Il creditore, pur munito di titolo esecutivo (sentenza civile), può valutare l’opportunità di negoziare termini di pagamento dilazionati.
In tal modo sarà possibile evitare i costi e ridurre i tempi dell’esecuzione forzata, garantendo al contempo un recupero più celere del credito.
Per il debitore, d’altra parte, la trattativa post-sentenza rappresenta un’occasione per evitare le conseguenze pregiudizievoli dell’espropriazione.
La legge non ostacola tali accordi, anzi li favorisce nell’ottica deflattiva del contenzioso giudiziario.
Pertanto, anche dopo il passaggio in giudicato della sentenza civile, le parti mantengono piena autonomia negoziale.
La composizione bonaria della controversia rimane sempre percorribile, offrendo soluzioni pragmatiche rispetto alla rigidità dell’esecuzione giudiziale.
Il procedimento ordinario per ottenere una sentenza civile
Quando il credito è fondato su una prova scritta il creditore può ottenere il titolo esecutivo in tempi rapidi avviando un giudizio speciale che prende in nome di procedimento monitorio (come stabilisce l’articolo 633 del codice di procedura civile).
Se invece la prova scritta del credito è assente, il creditore non potrà richiedere un decreto ingiuntivo e dovrà necessariamente avviare un processo di cognizione.
Questo giudizio è finalizzato a ottenere una sentenza civile che accerti l’esistenza del credito e condanni il debitore al pagamento.
Il processo di cognizione, infatti, è il procedimento giudiziario attraverso il quale un giudice accerta l’esistenza di un diritto e ne dichiara l’effettiva sussistenza con una sentenza (come stabiliscono gli articoli 163 e seguenti del codice di procedura civile).
Il giudizio si articola in più fasi e precisamente:
- notifica e deposito della domanda giudiziale;
- costituzione delle parti;
- istruttoria (la fase in cui si valutano le prove);
- decisione finale.
A differenza del procedimento monitorio il processo di cognizione prevede un contraddittorio completo tra le parti e un’attenta valutazione delle prove.
Per questo motivo i tempi di definizione del giudizio di cognizione sono più lunghi poiché il creditore dovrà dimostrare la legittimità della sua pretesa.
L’atto di citazione: elementi costitutivi e formulazione
L’atto di citazione è il documento processuale con cui il creditore (attore) avvia un giudizio ordinario nei confronti del debitore (convenuto), al fine di ottenere una sentenza civile che accerti l’esistenza del credito e ne disponga il pagamento.
Il contenuto dell’atto di citazione è espressamente disciplinato dall’articolo 163 del codice di procedura civile.
Il mancato rispetto delle formalità richieste può determinare l’invalidità dell’atto e l’improcedibilità della domanda.
In particolare gli elementi fondamentali che devono essere presenti nell’atto di citazione sono i seguenti:
- Indicazione del tribunale competente: il tribunale che ha giurisdizione sulla causa;
- Generalità delle parti: i dati anagrafici di entrambe le parti: il creditore (attore) e il debitore (convenuto);
- Esposizione dei fatti: la narrazione precisa dei fatti che giustificano la domanda del creditore;
- Motivi di diritto: i fondamenti giuridici della domanda, ovvero le norme che supportano la pretesa del creditore;
- Conclusioni: le richieste chiare e specifiche che il creditore rivolge al giudice, come ad esempio la condanna del debitore al pagamento di una somma di denaro;
- Vocatio in ius: l’invito al convenuto a comparire in tribunale nell’udienza fissata;
- Indicazione del procuratore: l’avvocato che rappresenta il creditore, con il suo nome e il domicilio professionale;
- Sottoscrizione dell’avvocato: la firma dell’avvocato che ha redatto l’atto di citazione.
Ogni punto indicato è essenziale per il corretto svolgimento del processo e per evitare che l’atto venga dichiarato nullo o inammissibile (come stabilisce l’articolo 164 del codice di procedura civile)
La notifica dell’atto di citazione al debitore segna l’inizio del processo e da questo momento in poi il convenuto ha il diritto di costituirsi entro i termini previsti, presentando le proprie difese.
La fase di trattazione e l’onere probatorio
Dopo la notifica dell’atto di citazione e la costituzione in giudizio del debitore, il giudice convoca le parti per l’udienza di trattazione (come stabilisce l’articolo 183 del codice di procedura civile).
In questa fase, il giudice definisce l’istruttoria e precisamente:
- stabilisce le modalità e i termini per la produzione delle prove (documenti, testimoni, perizie);
- dispone le udienze per la discussione della causa.
Il creditore espone la proprie richieste e illustra le prove a supporto del credito vantato, mentre il debitore presenta le proprie difese.
Il giudice può anche sollecitare una possibile conciliazione, ma la fase principale rimane quella della valutazione delle prove.
Infine, una volta completata l’istruttoria, il giudice chiede ad entrambe le parti di precisare le conclusioni e in seguito emette la sentenza che stabilisce se il creditore ha diritto o meno al pagamento.
L’onere della prova incombe sul creditore secondo il principio “onus probandi incumbit ei qui dicit” (che significa letteralmente “l’obbligo di portare le prove spetta a colui che afferma”) sancito dall’articolo 2697 del codice civile.
Tale regola impone al soggetto attivo del rapporto obbligatorio di dimostrare l’esistenza del credito vantato verso la controparte.
La prova del credito richiede l’esibizione di documentazione contrattuale, fatture, estratti conto e comunicazioni intercorse tra le parti.
Nel procedimento ordinario la fase istruttoria può protrarsi per mesi o anni con inevitabili ripercussioni sui tempi di recupero.
Il ruolo delle consulenze tecniche nel giudizio ordinario
Quando le prove documentali non sono sufficienti a chiarire determinati aspetti della controversia, il giudice può decidere di nominare un Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU) per fornire un parere oggettivo (come stabilisce l’articolo 191, comma 1, del codice di procedura civile).
Le parti, inoltre, possono avvalersi di un Consulente Tecnico di Parte (CTP) per supportare le proprie argomentazioni e contestare eventuali conclusioni avverse.
I consulenti tecnici sono professionisti con competenze specialistiche che intervengono nel processo civile per fornire valutazioni su aspetti che richiedono conoscenze tecniche, scientifiche o contabili.
Nel giudizio di cognizione, queste consulenze assumono particolare rilevanza, soprattutto in controversie di natura contabile, finanziaria o tecnica.
Se ad esempio il debitore contesta l’importo richiesto dal creditore, il giudice potrà nominare un un esperto contabile (come un commercialista) per elaborare una relazione tecnica che fornisca un parere qualificato sul tema.
Attraverso questo documento il creditore potrà chiarire la legittimità delle somme pretese, ricostruendo movimenti finanziari, tassi di interesse e eventuali aggiornamenti contabili.
L’acquisizione di perizie e relazioni tecniche può incidere significativamente sull’esito del processo e sulla decisione finale del giudice.
Strategie processuali per massimizzare le probabilità di successo
Nel giudizio di cognizione l’assenza di una prova scritta del credito rende necessaria l’adozione di una strategia processuale mirata da parte del creditore.
Infatti è opportuno strutturare il processo sulla base di prove testimoniali, presunzioni e documenti integrativi che possono dimostrare l’esistenza del diritto.
La corretta combinazione di questi strumenti probatori può rafforzare la posizione del creditore e aumentare le possibilità di ottenere una sentenza civile di condanna nei confronti del debitore.
La produzione degli elementi di prova nel processo deve seguire un criterio logico e persuasivo, in modo da facilitare la ricostruzione dei fatti da parte del giudice.
Infatti la capacità di valorizzare ogni prova permette di rafforzare la pretesa creditoria anche in assenza di un titolo scritto.
Dettagli apparentemente secondari, come l’esistenza di pagamenti parziali o l’ammissione informale del debito da parte del debitore, possono assumere un peso determinante per convincere il giudice.
La costruzione dell’impianto probatorio in assenza di prova scritta
La sentenza civile di condanna a carico del debitore viene emessa quando il giudice ritiene fondata la richiesta avanzata dal creditore.
In assenza di prova scritta è necessario dimostrare con altri mezzi l’esistenza del diritto di credito.
Uno dei mezzi istruttori più comuni è rappresentato dalla prova testimoniale che può confermare l’accordo intercorso tra le parti e le modalità di esecuzione della prestazione.
Infatti la testimonianza di soggetti informati sui fatti costituisce il primo pilastro su cui edificare la pretesa creditoria.
Il legale del creditore dovrà selezionare accuratamente i testimoni che hanno avuto conoscenza dei rapporti commerciali intercorsi tra le parti.
I soggetti che hanno partecipato direttamente alla stipula dell’accordo (come ad esempio i dipendenti, i collaboratori o i soci dell’impresa) possono essere citati come testi.
Inoltre è possibile ricostruire la vicenda anche attraverso documentazione complementare, come email, messaggi, ordini di acquisto o registri contabili.
Questi documenti, pur avendo una minore forza probatoria (rispetto a un contratto firmato, di una cambiale o di una fattura), possono essere sfruttati per dimostrare l’esistenza di un accordo tra le parti.
Testimonianze e prove Indirette: valore ed efficacia
Nel giudizio di cognizione, le testimonianze e le prove indirette assumono un ruolo molto importante.
I racconti dei testimoni, se attendibili e coerenti, possono costituire una base fondamentale per supportare la pretesa del creditore.
Il giudice, infatti, valuta la credibilità dei testimoni e la loro capacità di ricostruire i fatti durante la fase istruttoria.
Le prove indirette, invece, sono quegli elementi di prova che, pur non essendo direttamente legati all’evento da dimostrare, possono comunque supportare e rafforzare la tesi del creditore nel corso di un giudizio.
Un esempio tipico di prova indiretta sono le email, i messaggi di testo, gli ordini di acquisto, le registrazioni contabili o altre forme di comunicazione che possono confermare o suggerire la veridicità di un’affermazione.
Il creditore, infatti, può esibire una serie di ricevute che mostrano una sequenza di pagamenti regolari da parte del debitore per beni o servizi forniti.
In un processo civile, soprattutto quando non si dispone di una prova scritta certa, le prove indirette sono fondamentali per rafforzare la pretesa del creditore e per contribuire alla formazione del convincimento del giudice.
L’importanza delle comunicazioni commerciali pregresse
Le comunicazioni commerciali scambiate tra il creditore e il debitore durante il periodo di collaborazione rappresentano delle prove atipiche molto utili per comprendere l’evoluzione del rapporto contrattuale.
Questi documenti possono assumere rilevanza giuridica, soprattutto in caso di controversie, poiché contribuiscono a dimostrare l’esistenza, il contenuto e i termini di un relazione controversa.
In particolare la corrispondenza email, le pec, le lettere e in genere tutti i messaggi scambiati tra il creditore ed il debitore (anche a mezzo chat con applicazioni di messaggistica istantanea come WhatsApp) hanno un importante valore probatorio all’interno del giudizio di cognizione.
In particolare una semplice email (sebbene non offra le stesse garanzie legali di una pec) può costituire un principio di prova se supportata da elementi idonei a confermarne l’autenticità (come confermato dall’ordinanza n. 25131/2024 della Corte di Cassazione).
Ai sensi dell’articolo 2712 del Codice Civile, l’email rientra tra le riproduzioni informatiche e, in quanto tale, può avere valore probatorio nei procedimenti giudiziari.
Se il debitore contesta la provenienza o il contenuto dell’email, spetterà al creditore dimostrare la genuinità del messaggio.
Conclusione
La corretta conservazione del materiale probatorio rappresenta un elemento determinante per l’ottenimento di una sentenza civile favorevole.
Il successo di un procedimento giudiziario dipende essenzialmente dalla qualità e completezza dei documenti prodotti dalla parte attrice.
Nel corso di un giudizio di cognizione, il giudice valuterà la coerenza tra le richieste processuali e le prove contenute nel fascicolo processuale.
Pertanto la diligente raccolta e custodia documentale diventa presupposto imprescindibile per il riconoscimento delle pretese creditorie.
Un apparato probatorio lacunoso compromette inevitabilmente le possibilità di ottenere una sentenza civile di condanna.
La giurisprudenza conferma che l’onere della prova grava sul creditore che agisce in giudizio.
Di conseguenza una corretta produzione delle evidenze documentali e testimoniali del diritto di credito determinerà l’esito della controversia.
Per questo motivo ti consiglio di documentare ogni fase del rapporto di collaborazione con la controparte sin dalla sua costituzione.
Un’accurata gestione della documentazione aumenta notevolmente le probabilità di ottenere una pronuncia giurisdizionale favorevole e semplifica il recupero di un credito insoluto.
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